Brianzo

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Nel 1788 il piacentino Giulio Bramieri, colonnello al servizio dell’Infante Duca di Parma, nel rispondere ad un quesito della Società Patriotica (sic) di Milano su “Quali sono i magliuoli di migliore qualità e più fruttiferi? Indicare dovrannosi le viti anche co’ nomi lombardi”[1]. citò fra le uve piacentine il brianzo: “Brianzo. Questo appellativo sembra tratto dalla provincia milanese, ò però venuto di là questo vitigno. Forse esser potrebbe la Moradella di S. Colombano, giacché anche del brianzo ottimo è il vino, dolce e preziosissima l’uva. Ella è di grappolo piuttosto picciolo, mezzanamente spargolo, acino appena oblungo, di un violaceo negreggiante, e nelle pingui terre non resiste sul maturarsi alle lunghe piogge. Il suo vitigno si confà a tutte le terre, ma ama regolarmente le mezzane si per fertilità che per scioltezza. È ragionevolmente e quasi metodicamente fecondo, e fornisce un vino pregevole e molto sano. La pianta si confà ottimamente al filare e all’albero. So per esperienza che in questa seconda maniera, non potata se non che quando si carichi di seccume, il che avviene ogni cinque o sei anni, mette i grappoli più minuti e più spargoli, ed in moltissima copia, e se ne ricava il vino da pareggiarsi agli ottimi pel fuoco pel sapore e per la durata”[2].

Note

  1.  Atti della Società Patriotica (sic) di Milano, volume III, Milano, 1793.
  2.  Id. p.135.