Zibibbo bianco

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Nel manoscritto anonimo Trattato di Agricoltura[1], era citata la varietà d’uva bianca zibebio[2]; era presente anche nell’elenco delle varietà adatte per la coltivazione nell’orto, come zibbebo[3].

Nel 1752, Nicolò Caula[4] nell’elencare e commentare le varietà di vite dei territori estensi riportate dal Baccanale di Francesco Pincetti, così aveva presentato lo zibibbo: “È raro nel nostro paese: quest’uva si secca piuttosto, per non aver acini ed esser dolce: può inacquarsi sufficientemente, e dà vino gagliardo e di buon gusto“[5].

Il guastallese Giulio Cesare Cani[6], in una corrispondenza relativa ad un periodo compreso fra 1808 e 1809, citò lo “Zebibbo bianco: con grani assai lunghi, molto polposo e consistente, se le leva la pelle come una prugna. Si mangia solamente”[7].

Nel 1838, nel supplemento del catalogo del vivaio di Pietro Maserati di Piacenza[8], era indicata l’uva da tavola zibibbo bianco.

Nel 1841, fra le uve da tavola in vendita presso il vivaio di Luigi Musiari, in località Ponte d’Enza[9], era presente l’uva zibebio bianco. Nella Statistica Generale degli Stati Estensi[10], era citato lo zibibbo, fra le uve bianche di qualità fine dei territori transpennini e fra le uve bianche comuni dei territori cispennini[11].

Precedentemente, sempre nei territori estensi, il dottor Vincenzo Bertozzi, nella sua lista delle uve della provincia di Reggio Emilia [12] citò, fra le uve bianche coltivate negli orti, nelle vigne e raramente nei campi, il moscatell de’ Spagna, traducendolo in italiano con zibibbo di Spagna; inoltre il nome dialettale zibèbb lòngh, o galètta lònga, tradotta con uva galetta[13].

Nel 1841, Savani[14], fra le uve modenesi bianche da tavola citava: “i Zibibbi“[15]. Nel 1859, Carlo Malaspina, nel suo Vocabolario Parmigiano – Italiano[16], riportava l’uva zibèbi, tradotto in italiano con zibibbo [17], senza specificare il colore dell’acino; in realtà in altra pagina, Malaspina trattava esclusivamente lo zibibbo rosso[18].

Per i territori estensi, con riferimento ad una data successiva al termine della ricerca fissato al 1859, il modenese di Formigine, Francesco Agazzotti[19], nel 1867, alla voce Zibibbo (zibibbo bianco, Salamanna, Frauchentaler) annotava: ” Grappolo di forma variabile, ora con grandi graspetti, ora con nessuno affatto, peduncolo, assai robusto. Acino grasso molto ovoideo, giallo – verdognolo. opaco, polpa molto consistente con piccolo vinacciuolo. Buccia verdognola. opaca, resistente. Sugo viscido, dolce melato, sapido, profumato al moscato, piuttosto scarso, ma ben ricco di principi albuminoidi. Uva eminentemente mangereccia tra le aromatiche, presentandosi con bellissimo aspetto nelle tavole signorili ove questo frutto serve più di vezzo che di companatico come in quella del povero agricoltore. Non fa cattiva figura nell’impasto de’ vini liquorosi aromatici: ma non vi sarà mai il tornaconto, trovandosi sempre da esitare fresca sulla piazza, ed a prezzo sostenutissimo. servirebbe anche benissimo alla tavola invernale, disseccata (come uva secca) se non l’impedisse la suprema legge dell’agricoltore, il tornaconto. La vite è molto schizzignosa, è ben raro trovarne in questa provincia un piede veramente vegeto e robusto, a meno che posto in ispalliera addossata al muro, in esposizione favorevole, insomma è meglio lasciarla alle isole meridionali del mediterraneo, ove se ne fa lucroso commercio giacché non omnis feret omnia tellus”[20].

Nel 1915, nel dialetto reggiano, Casali[21] rilevava il termine Zibebbi bianch, corrispondente a: Zibibbo bianco, Salamanna, mentre Zibébi (nero) corrispondeva a Zibibbo (v. Zibebbi e Zibébi)[22].

Si veda anche la scheda dello Zebibbo rosso.

Note

  1. Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, Artegrafica Silva, 1964; Medioli Masotti Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980.
  2. Id. f, 691.
  3. Id. f. 437.
  4. “L’Indicatore Modenese” 27/02/1851, n. 18, a. 1.
  5. Id. p. 144.
  6. Biblioteca Maldotti di Guastalla, G.C. Cani, Lettere agrarie alla Colonia d’agricoltura del Crostolo, fondo Cani, busta 96, lettera XII, “Della coltivazione delle viti”, destinatario avv. Giovanni Carandini, data presunta 1808-1809. Si ringrazia, per la competenza e cortesia la dott.ssa Alice Setti della Biblioteca Maldotti di Guastalla. Si veda: Sulla condizione agraria del reggiano nell’Ottocento. Società Agraria di Reggio Emilia, prefazione di Rolando Valli, Reggio Emilia, Antiche Porte Editrice, 2013, pp. 13-27.
  7. Id.
  8. Stabilimento Orticola di Pietro Maserati a Piacenza, Suplimento, Piacenza, Antonio Del Majno, 1838.
  9. “Il Facchino”, 27/02/1841, a. III, n. 9, Parma, 1841, Tipografia Rossetti,
  10. Roncaglia Carlo, Statistica Generale degli Stati Estensi, volume secondo, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1850.
  11. Id. pp. 421-422.
  12. Biblioteca Municipale “Panizzi” di Reggio Emilia, Manoscritto di Vincenzo Bertozzi, Viti della provincia di Reggio, MSS. REGG. D 88/23. La riproduzione dell’elenco di Bertozzi è presente in: Bellocchi Ugo, Reggio Emilia la provincia “lambrusca”, Reggio Emilia, 1982, Tecnostampa, pp. 58- 59. Bellocchi ha corretto gli accenti presenti sui nomi delle varietà riportate da Bertozzi e successivamente da: Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano addenda et emendanda, Reggio Emilia, Officine Grafiche Reggiane, 1926,  p-15-16. Casali aggiunse alcune interessanti notizie sull’elenco del Bertozzi e sullo stesso Bertozzi: “L’elenco è inedito ed è di mano del dottor Vincenzo Bertozzi, membro della Società Agraria del Dipartimento del Crostolo e appassionato e valente frutticoltore. Della sua rinomata collezione di varietà e di alberi fruttiferi non rimangono più che pochissime tracce nella villa di sua proprietà alla Baragalla. L’elenco venne trasmesso dal Bertozzi al prof. Galliani, che lo aveva richiesto: non porta alcuna data ma è stato certamente compilato verso il 1840“. Casali trasmise l’inedito elenco alla Biblioteca reggiana. “Il Facchino”, 27/2/1841, a. III, n.9, p. 71.
  13. Id.
  14. Savani Luigi, Istruzione pratica per la coltivazione della vite, in: Memorie varie risguardanti la migliore agricoltura, Modena, Tip. Vincenzi e Rossi, 1841, PP. 63-114.
  15. Id. p. 69.
  16. Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano – Italiano, vol. IV, Parma, Tipografia Carmignani, 1859.
  17. Id. p. 357.
  18. Id. p. 440.
  19. Agazzotti Francesco, Catalogo descrittivo delle principali varietà di uva coltivate presso il Cav. Avv. Francesco Agazzotti del Colombaro, Modena,  Tipografia di Carlo Vincenzi, 1867 in: Montanari Gian Carlo – Malavasi Pignatti Morano, Uve modenesi tra XVIII e XIX secolo, Modena, Edizioni Il Fiorino, 2018.
  20. Id. pp. 214-215
  21. Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano, Reggio Emilia, Tipografia Bondavalli, 1915.
  22. Id. p. 58.