Tokay d’Ungheria

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Nel 1838, nel vivaio di Piacenza di Pietro Maserati[1], fra le viti da uva più pregiate e, in particolare fra quelle da vino, era presente il tokaj d’Ungheria.

La descrizione dell’uva Tocài era presente ne: I vitigni della provincia parmense – Lunario per l’anno bisestile 1874[2]: “Tocài. La sua foglia è piccola, quinquesetta con segmenti laciniati ed acuti. La parte superiore è di un verde deciso, quella inferiore di un verde quasi identico ma è glabra e pubescente con picciuolo corto e di color verde roseo. Il grappolo ha forma conica, lasso, lungo circa 14 cm., composto di bacche verdi gialliccie, sub trasparenti e rotonde. I semi sono presenti in numero di 1/2 ed il suo succo è dolce ma insipido. Il vitigno produce grande quantità di uva ma di poco pregio. le sue foglie differiscono tanto da quelle delle altre viti che la si potrebbe considerare una specie distinta piuttosto che una varietà di Vitis vinifera. Pare fosse la stessa che Linneo denominò Vitis laciniosa e che in Francia si chiama Ciotat o Uva d’Austria”[3].

Vincenzo Bertozzi[4], nel 1840, nell’elencare le uve bianche coltivate negli orti e nelle vigne e raramente nei campi della provincia di Reggio Emilia, citò l’uva tocai (tokai).

Agazzotti, nel suo catalogo[5], descriveva la varietà d’uva Tokey: “Grappolo piccolo, lungo 11 centim. Col diametro di 6: quasi sempre cilindrico, terminante in emisfero; a grani compatti e serrati, ma non di uniforme grossezza. Peduncolo corto e sottile ma abbastanza resistente pel suo ufficio; graspo letti non apparenti. Acini sferici, piccoli, traslucidi: tra i quali alcuni anche più piccoli che giunti a maturazione avvizziscono. Buccia rosea sporco, come ruggine di piombo, colore che fa distinguere quest’uva facilmente, ed a prima vista, da ogni altra. Sugo non scarso, dolce melato, grazioso, incoloro, in aromatico. Uva prelibata tra quelle che producono il famoso vino omonimo ungherese: né fa cattiva prova anche qui da noi; anzi è eccellente come uva da sugo per vini aromatici, e da sola produce vino delicatissimo che invecchiando sempre migliora. Maritandola poi colla Budda [varietà di uva presente nel modenese, non riscontrata nei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla] possono ottenersi vini d’imitazione del vero sciampagna, e tanto più sapidi quanto sia maggiore la di lei proporzione, però con pari diminuzione in asciuttezza. Ad ogni modo poi, o sola o commista, dà sempre ottimi risultati, col sopramercato di essere abbastanza buona produttrice; solamente teme come la citata sua concittadina Budda, un lungo viaggio sull’olmo marito: preferendo assai l’umil sede della bassa vigna, purché in posizione ben soleggiata, di pronto scolo, e dolce declive”[6].

Agazzotti a proposito dell’uva Budda, precisava: “Budda (Tokay rosa) (…) Appassendo l’uva col concentramento e seccarizzazione, si ottiene vino liquoroso ad uso del tanto rinomato Tokay, non però in grado così marcato come coll’uva n. 66, appunto nominata Tokay rosso piombo, che è la stessa che lo produce nel suo nativo paese d’Ungheria“[7]. Nel 1809, Ottaviano Targioni Tozzetti nel suo Dizionario Botanico[8], con termini in latino linneano, citava il Tockaj come Vitis vinifera Tockajana[9]. Fra le uve straniere presenti nella collezione dell’Orto Agrario della R. Università di Bologna, nel 1812[10], era menzionata la Vite Tokai; vitis Tokeum[11].

Nel 1825, Acerbi[12], riportava il contributo di Lorenzo De Cardenas sulle uve del territorio di Valenza in Piemonte, fra le quali figurava il tokaj: “17 Tokaj. Sarmenti rigogliosi, biancastro – sbiadati, fibrosi, tomentosi nella gioventù. Foglie glabre, sbiadate sopra, tomentose di sotto, alle volte manca alcuno dei lobi, alle volte ve ne sono anche cinque, denti acuti, lunghi, irregolari; pezioli lunghi. Grappoli irregolari, malformati, composti; peduncoli forti e lunghi, acini di 8 millimetri, carnosi, pruinosi-biancastri, fiocine semi-opaco, liscio. Uva che passa in paese per essere il vero Tokai di Ungheria, primaticcia, buona a mangiarsi come la lugliatica e di sapore alquanto più dolce e delicato. Il vino che se ne fa è snervato, di nessun conto, e non ha altro pregio che quello di essere limpidissimo e quasi bianco. Pochissimo coltivata in paese“[13] Nel 1829, Andrea Alverà[14], raccolse i nomi delle varietà di uva coltivate nella provincia di Vicenza, tra queste il Tocai, “il vero Tokai d’Ungherìa“[15].

DON GIOVANNI

Versa il vino

 (Leporello versa il vino nel bicchiere)

Eccellente Marzimino! *

*”Andai a tavolino e vi rimasi dodici ore continue. Una bottiglietta di “tockai” a destra, il calamaio nel mezzo, e una scatola di tabacco di Siviglia a sinistra“[16].

Così il librettista Lorenzo Da Ponte, nato nel 1749, a Cèneda, oggi Vittorio Veneto, nel 1787, mentre scriveva per Mozart, Il Don Giovanni (nel 1786 Le nozze di Figaro, nel 1790 Così fan tutte).

Note

  1. Stabilimento Orticola di Pietro Maserati a Piacenza, Suplimento, Piacenza, Antonio Del Majno, 1838, p.3.
  2. I vitigni della provincia parmense. Lunario per l’anno bisestile 1872, Parma, Tipografia G. Ferrari e figli, in: Tintinnar di bicchieri, vini e vignaiuoli a Parma, Parma, Gazzetta di Parma Editore, 2006, pp. 114-128
  3. Id. p. 127.
  4. Biblioteca Municipale “Panizzi”di Reggio Emilia, Manoscritto di Vincenzo Bertozzi, Viti della provincia di Reggio, MSS. REGG. D 88/23. La riproduzione dell’elenco di Bertozzi è presente in: Bellocchi Ugo, Reggio Emilia la provincia “lambrusca”, Reggio Emilia, Tecnostampa, 1982, pp. 58-59. Bellocchi ha corretto gli accenti presenti sui nomi delle varietà riportate da Bertozzi e successivamente da: Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano addenda et emendanda, Reggio Emilia, Officine Grafiche Reggiane, 1926, p-15-16. Casali aggiunse alcune interessanti notizie sull’elenco del Bertozzi e sullo stesso Bertozzi: “L’elenco è inedito ed è di mano del dottor Vincenzo Bertozzi, membro della Società Agraria del Dipartimento del Crostolo e appassionato e valente frutticoltore. Della sua rinomata collezione di varietà e di alberi fruttiferi non rimangono più che pochissime tracce nella villa di sua proprietà alla Baragalla. L’elenco venne trasmesso dal Bertozzi al prof. Galliani, che lo aveva richiesto: non porta alcuna data ma è stato certamente compilato verso il 1840” Casali trasmise l’inedito elenco alla Biblioteca reggiana.
  5. Agazzotti, Francesco, Catalogo descrittivo delle principali varietà di uve coltivate presso il Cav. Avv. Francesco Agazzotti del Colombaro, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1866. cfr. Montanari Gian Carlo, Malavasi Pignati Morano Luigi, Uve modenesi tra XVIII e XIX secolo, Modena, Edizioni Il Fiorino, 2018.
  6. Id. p.203.
  7. Id. p. 149.
  8. Targioni Tozzetti Ottaviano, Dizionario Botanico Italiano, parte seconda, Firenze, Guglielmo Piatti, 1809.
  9. Id, p. 105.
  10. Rapporto a sua eccellenza il sig. Ministro dell’Interno sullo stato dell’Orto agrario della R. Università di Bologna, Milano, Giovanni Silvestri, 1812.
  11. Id. p. 48.
  12. Lorenzo De Cardenas, Descrizione delle varietà della specie Vitis Vinifera ( L. ) che si trovano coltivate nel territorio di Valenza in Piemonte, in: Acerbi Giuseppe, Delle viti Italiane, Milano, Giovanni Silvestri, 1825, pp. 63-118.
  13. Id. p. 80.
  14. Alverà Andrea, “Annali Universali di Agricoltura”, fasc. luglio 1829, Milano. Paolo Lampato; in: Lanzani Estore, Saggio di una pantografia vicentina, Venezia, per Giuseppe Giuliani, 1834, pp. 61-62.
  15. Id. p. 61.
  16. Lorenzo da Ponte, Tre libretti per Mozart, Milano, Rizzoli, 1990, p. XXV