Tintoria

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Nel 1838, il supplemento del catalogo di Pietro Maserati di Piacenza [1], presentava fra le uve da vino: “Tintoria per colorire i vini“[2].

Nel febbraio del 1841, la rivista diretta da Carlo Malaspina, “Il Facchino”, pubblicò un ‘inserzione pubblicitaria del vivaio di Luigi Musiari, posto in località Ponte d’Enza in Taneto, territorio parmense[3]. Nel vivaio fra le diverse qualità di vitigni, da vino e da tavola, era possibile reperire l’uva da vino denominata tintoria[4].

L’uva tintoria era presente anche fra le ” Viti di uve di colore coltivate nei campi. Uve scelte per i migliori vini di commercio“[5] dell’elenco redatto da Vincenzo Bertozzi, il quale nel 1840 compilò un censimento delle varietà di uva presenti nella provincia di Reggio Emilia.

Il modenese Agazzotti[6], nel 1867, citava nel suo catalogo, la varietà d’uva Tintoria (Teinturier), che così descriveva: “grappolo piccolo, grapito, cilindrico, due volte lungo quanto il suo diametro; graspetti con tre o quattro grani fitti, con peduncolo esile tutto rosso morato. Acino piccolo, sferico, polveroso, opaco. Buccia mora, vellutata di polvere bianco-cerea: con polpa tenera e sugosa in proporzione della grandezza alla quale partecipa pure il vinacciolo. Sugo discretamente abbondante, color granato scuro, oltre la più scura materia colorante rannicchiata sotto la buccia; sciolto, in aromatico, insipido, anzi con gusto alquanto nauseoso. Uve di nessun merito vinifero: se non sia il suo carico e fosco colore, che si comunica ai mosti delle altre uve che per avventura si mescolino colla medesima; questo pregio per altro., scade d’anno in anno per la miglior piega che assumono i nostri bevitori enofili, cioè di poco o nulla valutare l’intensità del colore, prendendo solo in considerazione il sapore ed il merito igienico del vino che propongosi di consumare. Oltre il poco valore vinifero, questa vite male ancora adattasi alla nostra lunga potatura bienne con maritaggio all’olmo od oppio o pioppo, peggio poi a querciagno o rossone; perciò confido che presto ne verrà abbandonata affatto ancora la rara coltivazione[7].

Rovasenda nel suo Saggio di una Ampelografia Universale del 1877, si domandava se il Teinturier fosse sinonimo di Nerone; inoltre egli constatava come il difetto dei teinturiers è che producevano poco, per tale motivo i vivaisti si ingegnavano a proporre nuove varietà più produttive: T. abondant, T. d’Egypte, T. de Genève, T. du Chèr, quest’ultimo parve a Rovasenda il teinturier femmelle, ossia il meno denso.

Per un approfondimento dei Teinturiers, agli inizi del XX secolo, si consiglia la lettura dei contributi di J. Roy – Chevrier compresi nel terzo volume dell’Ampélographie di P. Viala[8], impreziositi dalla riproduzione di due tavole a colori raffiguranti dei grappoli della suddetta varietà d’uva.

Note

  1. Stabilimento Orticola di Pietro Maserati a Piacenza, Supplimento, Piacenza Antonio Del Majno, 1838.
  2. Id. p. 3
  3. “Il Facchino” 27/02/1841, a. III, n. 9, Parma, Tipografia Rossetti, 1841.
  4. Id.
  5. Biblioteca Municipale “Panizzi” di Reggio Emilia, Manoscritto di Vincenzo Bertozzi, Viti della provincia di Reggio, MSS. REGG. D 88/23. La riproduzione dell’elenco di Bertozzi è presente in: Bellocchi Ugo, Reggio Emilia la provincia “lambrusca”, Reggio Emilia, Tecnostampa, 1982, pp. 58- 59. Bellocchi ha corretto gli accenti presenti sui nomi delle varietà riportate da Bertozzi e successivamente da: Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano addenda et emendanda, Reggio Emilia, Officine Grafiche Reggiane, 1926, pp. 15-16. Casali aggiunse alcune interessanti notizie sull’elenco del Bertozzi e sullo stesso Bertozzi: “L’elenco è inedito ed è di mano del dottor Vincenzo Bertozzi, membro della Società Agraria del Dipartimento del Crostolo e appassionato e valente frutticoltore. Della sua rinomata collezione di varietà e di alberi fruttiferi non rimangono più che pochissime tracce nella villa di sua proprietà alla Baragalla. L’elenco venne trasmesso dal Bertozzi al prof. Galliani, che lo aveva richiesto: non porta alcuna data ma è stato certamente compilato verso il 1840” Casali trasmise l’inedito elenco alla Biblioteca reggiana.
  6. Agazzotti Francesco, Catalogo descrittivo delle principali varietà di uva coltivate presso il Cav. Avv. Francesco Agazzotti del Colombaro, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1867, in: Montanari Gian Carlo, Malavasi Pignatti Morano Luigi, Uve modenesi tra XVIII e XIX secolo, Modena, Edizioni Il Fiorino, 2018.
  7. Id. p 202.
  8. P. Viala et V. Vermorel, Ampélographie: traité général de Viticulture, tome III, Masson et C. 1902, pp. 342-372.