Nigrone

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La rilevazione sull’agricoltura del 1771[1] evidenziò la presenza dell’uva rossa nigrone in due distretti su ventiquattro, nei quali era stato diviso il Ducato di Parma Piacenza e Guastalla.

Il primo distretto era quello di: “S. Secondo e Fontanelle (7)”[2], il quale presentava l’uva nigrone dal granello rotondo[3].

L’altro distretto era quello di: “Giarola, Colechio, Vicofertile, Vigolante, Limignano, Vighefio con piccola parte di Antognano di Gaiano al di qua del Baganza quali terreni sono tutti situati in pianura a riserva di pochissima collina ai confini di Sala e di Talignano, il terreno è perlopiù argilloso (…) fra le [uve] nere vi è (…) il Nigrone col grano e grappo simile alla nigrara [grano rotondo e grappo serrato] più grosso e queste sono primaticce a maturare”[4].

Il manoscritto anonimo risalente al periodo fra fine Settecento a inizio Ottocento, Trattato di agricoltura[5] accennava ad un’uva negrone rosso scuro[6], si tratta dell’ultima testimonianza che ho reperito sull’uva nigrone nel Ducato fino al 1859.

A tal proposito, una possibile spiegazione potrebbe ricavarsi nei brevi cenni che ad essa dedicò Niccolò Caula[7]: “Negrone vedi Covra“[8] e “Covra (…) Da alcuni è detta Negrone per essere molto negra e grossa“[9]. Continuando con i territori estensi, nel 1840 Bertozzi[10] non confermò quanto scritto dal Caula, infatti nel suo elenco di viti della provincia di Reggio Emilia, la còvra aveva come sinonimo nigrèra; era presente anche il nigròn, ma non quale sinonimo della uva covra[11]. Della denominazione nigròn e negrone, non ho reperito altre testimonianze.

Acerbi[12], nel 1825 si avvalse per il suo importante studio, di una monografia sulle varietà di uva diffuse nel cremonese, opera del professor Gio. Sonsis[13]; fra le uve colorate menzionò l’uva

negrone: “5° Negrone. Fusto lungo, robusto. Sermenti grossi con molto midollo. Foglie 5-lobe, irregolarmente dentellate, nella pagina inferiore villose, con peziolo rosso. Frutto rotondo, nero, pruinoso, grosso, succoso, dolce, Grappoli grandi, fitti di acini. Semi 2-3. Vite primaticcia a fiorire e a maturare il frutto. Uso: dà un buon vino dolce, spiritoso, nero[14]. Sonsis osservava che anticamente, nella provincia cremonese si coltivavano le così dette uve gentili, quali sono il negrone, il nigrisolo, il balzemino, la rossèra e simili fiorivano presto e fornivano una abbondante produzione ed un vino gustoso, spiritoso ed abbondante; “ma essendosi da 70 anni incirca introdotta in copia la coltivazione del riso, ed essendosi molto estese le irrigazioni (…), il clima di questo territorio si è reso umido a segno da produrre nebbie tardive, che abbruciavano i fiori delle viti primaticce, e rendevano nulle le speranze dell’agricoltore. Si è pertanto pensato a riparare ad un tanto danno, sostituendo alle dette uve gentili la Fortana ed il Pignolo, che, per essere tardive nella fioritura, non temono l’insulto delle nebbie (…)[15].

Nel 1812 Filippo Re[16] segnalava l’uva negrone fra le uve nere coltivate nel bolognese[17].

Rovasenda[18], nel 1877, citava come sinonimo di Negrone: Frankenthal. Viala citava allo stesso modo, come sinonimo di Negrone: Frankenthal[19].

Note

  1.  Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro Du Tillot a 41-50 b. a 42.
  2.  Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città dei Lumi, Parma, MUP, 2020, p. 173 e p.177: Bargelli Claudio, “Teatro d’Agricoltura” Le campagne parmensi nelle inchieste agrarie del secolo dei Lumi, in: “Rivista di Storia dell’Agricoltura” a. LJ, n. 2, dicembre 2011, pp. 101-130.
  3.  Archivio di Stato di Parma, Archivio…. cit; Giorgini Paolo, Le varietà di uva presenti bei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla dal 1771 al 1859, ricerca inedita, 2021, p. n. i.
  4.  Id.
  5.  Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, Artegrafica Silva, 1964; Medioli Masotti Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980; Giorgini Paolo, Le varietà di uva presenti bei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla dal 1771 al 1859, ricerca inedita, 2021, p. n. i.
  6.  Id. f. 692.
  7.  “L’Indicatore Modenese”, 20/09/1851, a. 1, n.12.
  8.  Id. p. 96.
  9.  “L’Indicatore Modenese”, 6/09/1851, a. 1, n. 10, p. 81.
  10.  Biblioteca Municipale “Panizzi” di Reggio Emilia, Manoscritto di Vincenzo Bertozzi, Viti della provincia di Reggio, MSS. REGG. D 88/23. La riproduzione dell’elenco di Bertozzi è presente in: Bellocchi Ugo, Reggio Emilia la provincia “lambrusca”, Reggio Emilia, Tecnostampa, 1982, pp. 58- 59. Bellocchi ha corretto gli accenti presenti sui nomi delle varietà riportate da Bertozzi e successivamente da: Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano addenda et emendanda, Reggio Emilia, Officine Grafiche Reggiane, 1926, pp.15-16. Casali aggiunse alcune interessanti notizie sull’elenco del Bertozzi e sullo stesso Bertozzi: “L’elenco è inedito ed è di mano del dottor Vincenzo Bertozzi, membro della Società Agraria del Dipartimento del Crostolo e appassionato e valente frutticoltore. Della sua rinomata collezione di varietà e di alberi fruttiferi non rimangono più che pochissime tracce nella villa di sua proprietà alla Baragalla. L’elenco venne trasmesso dal Bertozzi al prof. Galliani, che lo aveva richiesto: non porta alcuna data ma è stato certamente compilato verso il 1840“. Casali trasmise l’inedito elenco alla Biblioteca reggiana.
  11.  Id.
  12.  Acerbi Giuseppe, Delle viti italiane, Milano, Giovanni Silvestri, 1825.
  13.  Id. p. 35-52 L’autore della monografia sulle varietà di uva cremonesi, Gio. Sonsis, potrebbe essere un discendente del pittore fiammingo Jean Soens (altri nomi Giovanni, Hans o Jan ) (1547 o 1548 – Parma 1611), il quale lavorò per il Duca Ottavio Farnese, Alessandro Farnese e Ranuccio Farnese. Sembrerebbe che Soens abbia trascorso gli ultimi anni di vita a Cremona, altre testimonianze lo escluderebbero. Il figlio di Jean Soens e della moglie Isabella Gonzate, si chiamava Rinaldo (Parma 1597 – Parma 1666), anche lui pittore. (Le notizie biografiche sono tratte da Lasagni Roberto, Dizionario Biografico dei Parmigiani, vol. IV, Parma, PPS Editrice, 1999, p. 443-444).
  14.  Id. p. 43.
  15.  Id. p. 50.
  16.  Rapporto a sua eccellenza il sig. ministro dell’Interno sullo stato dell’Orto Agrario della R. Università di Bologna. Milano, Giovanni Silvestri, 1812.
  17.  Id. p. 47.
  18.  Rovasenda Giuseppe, Saggio di ampelografia universale, Torino, Tipografia Subalpina di Stefano Marino, 1877, p. 126.
  19.  Viala, P., Vermorel. V., Ampélographie, tome VII, Paris, Masson et C., 1909, p. 240.