Nigrisolo

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L’unica nota che l’ingegner Cani[1], nel periodo compreso fra il 1808 e 1809, scrisse relativamente all’uva nigrisolo è che questa poteva esser mescolata alla boverizza e alla rabbiosa[2].

Acerbi[3] riportando la monografia di Gio. Sonsis: “Descrizione di alcune varietà di viti, che si coltivano nella provincia di Cremona, dal professore Gio. Sonsis”[4], fra le uve di colore descrisse l’uva: “7° Nigrisolo. Fusto forte, tenace, di mediocre cacciata. Sermenti rossi, lunghi, con poco midollo. Viticci corti, pochi, tricotomi. Foglie 5-lobe, inegualmente dentellate; con peziolo rosso, lungo, colla superficie superiore liscia, e coll’inferiore villosa. Frutto di mediocre grossezza. Acini neri, rotondi, pruinosi, succosi, dolci, con fiocine tenero. Grappolo raro di acini. Semi ordinariamente 2, piccoli, verde – brunicci. Maturazione ordinaria. Uso: per cibo, e per vino spiritoso, gustoso, nero”[5].

Viala, a proposito di Nigrosolo, riportava: “Nom de cépage italièn de Modène“[6].

Note

  1. [1] Biblioteca Maldotti di Guastalla, G.C. Cani, Lettere agrarie alla Colonia d’agricoltura del Crostolo, fondo Cani, busta 96, lettera XII, “Della coltivazione delle viti“, destinatario avv. Giovanni Carandini, data presunta 1808-1809. Si ringrazia, per la competenza e cortesia la dott.ssa Alice Setti della Biblioteca Maldotti di Guastalla. Si veda: Sulla condizione agraria del reggiano nell’Ottocento. Società Agraria di Reggio Emilia, prefazione di Rolando Valli, Reggio Emilia, Antiche Porte Editrice; 2013, pp. 13-27.
  2.  Id.
  3.  Acerbi Giuseppe, Delle viti italiane, Milano, Giovanni Silvestri, 1825.
  4.  Id. pp. 35-52.
  5.  Id. p. 44.
  6.  Viala P., Vermorel V., Ampélographie, tome, VII, Paris, Masson et C, 1909, p, 240.