Nigherzoeul

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Nel 1858, Malaspina[1] nel suo terzo volume del Vocabolario Parmigiano – Italiano in merito all’uva nigherzoèul, dopo averla tradotto in italiano con colorino, scriveva: “Vite che produce una uva di acino piccolo ma che la sua polpa ha un colore forte, che serve per dare colore agli altri vini. È la vitis labrusca L.“[2].

Lo stesso autore nel volume quarto [3] del suo vocabolario traduceva uva nigherzoèul, oltreché con colorino, con uva colore[4].

Nei territori reggiani, Bertozzi[5], nel 1840, rilevava fra le uve di colore, l’uva nigherzòl.

Ritroviamo il nigherzoèul nella descrizione dei vitigni della provincia parmense risalente al 1872[6], che riportiamo, anche se posteriore al 1859, termine conclusivo della presente ricerca: “La sua foglia è grande per lo più quinquefida con la lacinia mediana sub romboidale con bordo a denti poco acuti, irregolari. La parte superiore è verde erbacea, liscia mentre quella inferiore è verde chiara, pubescente con picciolo lungo e verde. Il grappolo è sub cilindrico, conico, lungo non più di 10 cm. È composto di bacche nere, sferiche ed i semi sono 3 ed ha sapore dolce. Serve a dare intensità di colore ai vini. V’è pure un’altra uva che si adopera per dar colore ai vini, questa è chiamata Lacrimacristi. Ha sapore molto acidulo e le sue foglie sono tutte rosse al tempo della vendemmia. Va detto che quest’ultima è meno diffusa della precedente”[7].

Note

  1.  Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano – Italiano, vol. III, Parma, Tipografia Carmignani, 1858.
  2.  Id. p.142.
  3.  Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano – Italiano, vol. IV, Parma, Tipografia Carmignani, 1859.
  4.  Id. p. 357.
  5.  Biblioteca Municipale “Panizzi” di Reggio Emilia, Manoscritto.
  6.  I vitigni della provincia parmense. Lunario per l’anno bisestile 1872, Parma, Tipografia G. Ferrari e figli, in: Tintinnar di bicchieri, vini e vignaiuoli a Parma, Parma, “Gazzetta di Parma” Editore, 2006, pp. 114-128.
  7.  Id. p.122 – 123.