Nebbioeul

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Non sono stati trovati dati inerenti l’uva nebbiolo coltivata nel Ducato di Parma Piacenza e Guastalla, relativamente al XVIII secolo. Cronologicamente la prima fonte reperita è rappresentata dal Dizionario Parmigiano – Italiano del Peschieri[1], edito nel 1828, il quale riportò il termine dialettale: nebbioèul[2], senza alcuna traduzione italiana. Nell’edizione del 1841 dello stesso Dizionario[3], Peschieri modificò lievemente il termine dialettale mutandolo in nebioèul[4].

Nel 1836 Foresti[5] al nome italiano nubbiola, affiancò il termine dialettale piacentino nubbiö.

Malaspina[6] ribadì il termine dialettale del Dizionario del Peschieri del 1828, nebbioèul, traducendolo con uva nebbiolo o corbina[7].

Acerbi[8], riportò una monografia sulle varietà di uva dell’Oltrepò pavese, ad opera del professor Giuseppe Moretti [9]; fra le uve colorate era presente l’uva: “6° Nibiolo. Foglie distintamente quinquelobate; lembi dentellati a denti quasi eguali ed equidistanti: superficie superiore ed inferiore lisce; picciuoli di 6 a 7 centimetri di lunghezza. Grappolo piccolo, lungo, discretamente spargolo: acino piccolissimo, tondo, di color bleu nerastro. Non è molto buona da mangiarsi, ma dà buon vino, forte, saporito e spiritoso: Matura quindici giorni prima di tutte le altre varietà”[10].

Pier Crescenzi[11] agli inizi del XIV secolo, così si esprimeva in merito all’uva nera nebiolo:speties uve nigre que vocatur nebiolum que non est delectabilis ad edendum, hec in civitate Astensi et in aliis partibus in maximo onore habetur“[12].

La traduzione fiorentina di fine Settecento[13] è più articolata: “Ed è un’altra spezie d’uva nera, la quale e detta nubiola, la quale e dilettevole a manicare, ed è meravigliosamente vinosa, ed ha il granello un poco lungo, e vuol terra grassa. e molto letaminata, e teme l’ombre, e tosto pullula, e fa vino ottimo, e da serbare, e potente molto, e non dee stare ne’ graspi oltre a un dì o due. E’ questa molto lodata nella città d’Asti, e in quelle parti”[14].

Nel 1606 Gio. Battista Croce[15], elencava due varietà di uva nebbiol, o, nebiol, presenti nelle montagne torinesi: “Nebbiol bianco ha grani piccoli rari, la scorza dura, rostita dal Sole, e colorita alquanto, nella sua maturità: fa buon vino e si conserva molto. (…) Seguono le nere, delle quali dicessi esser la Regina il Nebiol, così forse detto per transposizione di lettere, come Nobile: poiché fa vino generoso, gagliardo, e dolce ancora, come nel suo loco diremo qual lungamente, e bene si conserva, l’vua è rara, lo graspo, ò come noi diciamo, la rappa verde, & i grani rotondi. non però molto grossi“[16].

Sempre fra le uve nere, era menzionato un altro nebiol, il quale era probabilmente il pignolo: “Nebiol Milanese, ch’io tengo esser quello; che da Milanesi vien chiamato Pignola: è buona vua, folta: ha scorza resistente alla ingiuria del tempo: non marcisce, e matura bene: fà buoni vini naturali e gustosi”[17].

Nell’anno 1800, sul Calendario Georgico, della Società Agraria di Torino, riportava fra le uve nere di prima qualità l’uva: “14° Nebieul. Nebbiolo di due spezie, uno fa il grappolo perfetto, acini neri: il vino è chiaro, delicato, e si conserva, ama l’esposizione di mezzogiorno, o di levante, e si confà con tutte le terre: l’altra detta Nebieul rosè è di inferiore qualità fa grappoli piccoli, acini rossicci, matura poco, ed è scarsa nella sua produzione, e come volgarmente si dice fallosa: la croassera di Cavaglià nel Vercellese, la vernazzetta, croarina di Brusnengo, il picotener, la spana, il spanpignolo d’altri territori sono o l’uva medesima del nebiolo con diversa denominazione, o una varietà della medesima specie per cambiamento i terreno, e di posizione”[18].

Rovasenda[19], nel 1877, citava il termine fumèla quale sinonimo di nebbiolo gentile, chiedendosi se veramente vi fossero nebbioli più gentili degli altri, ed auspicava di poter chiarire il suo punto di vista in merito.

Note

  1.  Peschieri Ilario, Dizionario Parmigiano – Italiano, vol.II, R-Z, Parma, Stamperia Blanchon, 1828.
  2.  Id.p.647.
  3.  Peschieri Ilario, Dizionario Parmigiano – Italiano vol. II, parma, Stamperia Carmignani, 1841.
  4.  Id. p. 1110.
  5.  Foresti Lorenzo, Vocabolario Piacentino – Italiano, Piacenza, Fratelli Del Majno Tipografi.
  6.  Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano- Italiano, vol. IV, Parma,Tipografia Carmignani, 1859.
  7.  Id. p. 357.
  8.  Acerbi Giuseppe, Delle viti italiane, Milano, Giovanni Silvestri, 1825.
  9.  Id. p. 53-62.
  10.  Id. p. 58.
  11.  Sella Pietro, Glossario Latino Emiliano, Città Del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1937.
  12.  Id. p. 376.
  13.  Piero De’ Crescenzi, Trattato della Agricoltura, Bologna, Istituto delle Scienze, 1784.
  14.  Id. p. 196.
  15.  Croce Gio. Battista, Della Eccellenza e diversità dei vini che nella montagna di Torino si fanno, E del modo di farli, Torino, Aluigi Pizzamiglio, 1606.
  16.  Id. pp. 6-8.
  17.  Id. p. 10.
  18.  Id. p. 104.
  19.  Rovasenda Giuseppe, Saggio di una ampelografia universale, Torino, Tipografia Subalpina di Stefano Marino, 1877, p. 73.