Croven

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Carlo Malaspina nel 1859[1] riportava fra le varietà di uva conosciute nei territori parmensi l’uva crovèn, traducendolo in italiano con corbina piccola[2].

L’uva crovèn era citata nel Lunario per l’anno bisestile 1872[3], ne riportiamo la descrizione, anche se posteriore al 1859: “La foglia è mediocre, quinquefida, di forma allungata, irregolare, con la lacinia mediana sub rombica. il bordo è grossamente dentato con denti acuti, lunghi e rivolti all’insù. La parte superiore è di un verde erbaceo, liscia, opaca mentre quella inferiore è di un verde pallido, tomentosa. Il picciuolo è verde e mediocre. il grappolo ha forma conica, cilindrica ed è mediamente lungo 15 cm., composto di bacche nere, opache, pruinose, subelittiche. I semi risultano 2/3 ed il sapore è gradevolmente dolce. Dà un vino di modesta bontà“[4].

Rovasenda[5] nel 1877 citava crovino nero (Bobbio e Provincia d’Alessandria) l’Odart lo segnalava a Final borgo di Ponente seguendo il Gallesio, lo dice per errore sinonimo di trinchera di Nizza ma sono due uve differenti, il crovino di Finalborgo è affine al crovetto astigiano.

Note

  1.  Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano – italiano, volume quarto, Parma, Tipografia Carmignani, 1859.
  2.  Id. p. 357.
  3.  I vitigni della provincia parmense. Lunario per l’anno bisestile 1872, Parma, Tipografia G. Ferrari e figli, in: Tintinnar di bicchieri, vini e vignaiuoli a Parma, Parma, Gazzetta di Parma Editore, 2006, pp. 114-128.
  4.  Id. pp. 119-120.
  5.  Rovasenda Giuseppe, Saggio di una ampelografia universale, Torino, Tipografia Subalpina di Stefano Marino, 1877.