Corinto senza semi

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Nel 1814, Filippo Re[1], sosteneva che la migliore varietà di uva citata dalla Bibbia: Sorec, nome derivante dall’omonima località, rassomigliasse molto all’uva di Corinto: “(…) a quella che noi in idioma nostrale contadinesco chiamiamo Termarina, che altrove dicono Uva di Corinto, Uva passerina o Uva passa, che è la Vitis vinifera apyrena (…)[2]. Nel 1838, nel catalogo di Maserati[3] di Piacenza era presente l’uva da tavolo Corinto senza acini.

Rovasenda[4] nel 1877 citava: Corinth weisse, Corinto blanco in Allemagna[5], Corinth withe[6] (sic) (Lindley) Corinto bianco (Inghilterra); Corinthe o Vitis corinthiaca apyrena[7] (descr. Meyer).

Uva della Grecia identica a passeretta del Piemonte; Corinthe grosse, weisse[8]. Sinonimo di aspirant? bianco; Corinthe violet[9] acino violetto, piccolissimo, rotondo, dolce, probabilmente identico al nero, Coriunthusi apro szemufehèr[10]. Sinonimo di Corinto bianco o passeretta; Corinto bianco[11]. Corinto bianco. Corinto (Morea) (Odart) passeretta, Corinto nero: oggetto di grande commercio per la Morea e l’Arcipelago greco (Odart), Corinto rosso (Odart) la dice bellissima uva da mensa.

Tanto la varietà rossa quanto la nera mi parvero meno produttive della bianca nelle colline saluzzesi Corinto sans pepins (Odart) ha acini alquanto più grossi del bianco? ma è meno saporito; granache[12] o granaccia (Odart), sinonimo di granaxa di Aragona e grenache francese, in alcuni luoghi detta anche Alicante.

Giovanvettorio Soderini, nell’anno 1600, pubblicò Trattato della coltivazione delle viti[13] nel quale brevemente accennava all’uva di Corinto: “L’uve passerine nere di Coranto (sic) amano terreni asciutti e arenosi, siccome elle desiderano di star tetragnole, basse e senza palo in quel paese di Cipri (sic) e Candia, ove elle abbondano; e qui fanno bene in pergole e bronconi: seccandosi al Sole agevolmente, e seccate pigliando con mano un grappolo intero, e strisciandolo coll’altro, si spicciolano a granello a granello“[14].

Nel 1620, Benzo[15] menzionava un’uva passa di Corinto: “La Vua passa di Corynto negra, lavata co’l vino bianco, cotta e mangiata co’l zuccaro, muove il corpo, leva l’ostruttioni del fegato, e milza“[16]. L’abate siciliano Saverio Scrofani[17], nel 1798 diede alle stampe una relazione sulle condizioni dell’agricoltura e del commercio, della Morea, regione della Grecia, indirizzandola al gentil uomo fiorentino, Matteo Biffi Tolomei.

In particolare, l’abate Scrofani inviò anche due memorie, al direttore dell’Orto Agrario Sperimentale in Firenze, il canonico Andrea Zucchini, sul tabacco e sull’uva passa coltivate in Morea: “Della Coltura dell’Uva passa. Per Uva passa s’intende quì quella specie di uva detta comunemente in commercio Uva di Corinto le fu dato dal luogo appunto dove trovavasi una volta in maggior quantità, dove forse il terreno era più acconcio a farne prosperare le viti, d’onde finalmente si sarà sparsa nelle altre contrade della Grecia. Falso è dunque il dire, ch’essa fosse indigena di quel territorio: giacché per quante minute ricerche ne avessi io fatte, sia sopra il luogo, sia nelle memorie de’ Veneziani, i quali nel secolo passato possedettero la Morea, non trovo che vi sia conosciuta prima del 1600. Lascio di entrare nella questione, se quest’uva fosse stata da principio della specie comune, degenerata per la negletta coltura delle sue viti, oppure una specie da se; ciò che è certo si à, ch’essa è oggi tale e che in Corinto vi fu trasportata dall’Isola di Nasso, dove peraltro non ne esiste più il menomo tralcio. Né deve ciò far maraviglia, poiché sebbene adesso quest’uva medesima chiamisi col nome di Corinto, pure se ne coltiva appena in quel paese, e fra 20 anni se ne perderà intieramente la produzione. Bauhino chiama la vite dell’uva passa Vitis Corinthiaca, sive Apyrena: Linneo la mette nella classe delle viti vinifere, ma la distingue anch’egli con l’aggiunta di Bauhino. Queste viti son coltivate basse come quelle di Borgogna, e di altri paesi: regolarmente si alzano dal terreno dà quattro, sino a’ cinque piedi: il loro fusto è più grosso di quello delle viti comuni, e più legnoso: le loro radici s’internano più profondamente, e lussureggiano a proporzione con maggior numero di braccia, di tralci, e di foglie. Queste sono più folte, più grandi, meno ritagliate, e inclinano nella parte inferiore, al colore bianchiccio: i fiocini sono assai più piccioli, e sorpassano appena quelli del Ribes rosso, ai granelli di questo somigliano poi le uve passe in grossezza e in figura; il loro colore, al tempo della perfetta maturità, è porporino scuro, il loro sapore è dolce, unito per altro ad un acido gentile, che le rende molto piacevoli al palato; quando son fresche: finalmente l’uva passa si coltiva solamente in Morea lungo il littorale del Golfo di Lepanto, e in quello di Patrasso sino a Gastuni, ossia l’Elide antica, e nelle Isole di Cefalonia, di Zante e di S. Maura”[18]. L’abate Scrofani, prosegue la sua relazione con utili e dettagliate notizie colturali sull’uva di Corinto.

Nel 1807, nell’Ensayo sobre les variedades de la vid comun que vegetan in Andalucia di Don Simon De Roxas Clemente Y Rubio[19], bibliotecario del R. Giardino botanico di Madrid, scriveva a proposito del numero dei semi presenti nell’uva: “Segun los autores el nùmero de pinocitos debe ser ordinariamente de cinco en cada uva. Han creido sin duda que lo exigia asì la analogìa por ser tambien cinco las mas veces de los dientes del caliz, las lacinias de la corola, los estambres y las glàndulas ò su divisiones. Pero segun tengo observado es sumamente raro el nùmero de cinco semillas, y nada comun el de quattro perfectas; sino que queda regularmente en el de dos ò tres y tal vez en el de una sola, segun las castas. Sucede frecuentemente que aborten algunas sin dexar casi senal de haber existido, ò antes de haber crecido lo necesario para poder reproducir la planta. Las uvas de Corinto se diferencian de todas las demas en que no tienen semilla“[20].

Note

  1.  Re, Filippo; Avvertenze principali per ben porre e coltivare una vigna, ricavate dalla Sacra Bibbia, Lettera al sig. D:G:D:F: arciprete di Muzziatella. in: “Annali dell’Agricoltura Italiana”. Tomo XXII, aprile, Maggio-Giugno 1814, Milano, Giovanni Silvestri, 1814, pp. 251-269.
  2.  Id. p. 258.
  3.  Maserat.
  4.  Rovasenda Giuseppe, Saggio di una ampelografia universale, Torino, Tipografia Subalpina di Stefano Marino, 1877.
  5.  Id. p. 56.
  6.  Id.
  7.  Id.
  8.  Id.
  9.  Id.
  10.  Id.
  11.  Id.
  12.  Id. p. 79.
  13.  Soderini Giovanvettorio, Trattato della coltivazione delle viti, 1600, Milano, Società Tipografica de’ classici italiani, 1806.
  14.  Id. p. 224.
  15.  Benzo Ugo, Regole della sanita et natura de’ cibi, Torino, Heredi di Gio.Domenico Tarino, 1620.
  16.  Id. p. 635.
  17.  Scrofani Saverio, Della Coltura dell’Uva passa, in: Scrofani Saverio, Relazione su lo stato attuale dell’agricoltura e del commercio della Morea, Firenze, Giovacchino Pagani, 1798, pp. 91-107.
  18.  Id. pp. 91-95.
  19.  De Roxas Clemente Y Rubio Simon, Ensayo sobre les variedades de la vid comun que vegetan in Andalucia, Madrid, Imprenta de Villalpando, 1807.
  20.  Id. p. 55.