Balsamina

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Nel 1838, nel supplemento del catalogo dello stabilimento orticola di Pietro Maserati di Piacenza[1], fra le uve da vino più pregiate era presente l’uva balsamina.

L’inchiesta condotta dall’Amministratore Generale degli Stati di Parma Piacenza e Guastalla, Moreau de Saint – Méry[2], nei primi anni dell’Ottocento, nel capitolo intitolato “De la vigne et du vin” si riporta quanto segue: “Le vin Balsamin venu d’un raisin noir, est très chargé en coleur et liquoreux. Il est estimè et susceptible d’être transporté. Il allait autrefois en cadeau en Espagne“[3]. Il reggiano Dalla Fossa[4] nel 1811 indicava fra le uve nere da preferire nelle coltivazioni della pianura reggiana: la balsamina passa e la balsamina selvatica[5].

Bertozzi[6] nel 1840, fra le uve di colore, coltivate nei campi della provincia di Reggio Emilia, citò la balsamina (86).

Fabroni[7], nel 1819, nel riportare le principali varietà di uva presenti nella Lombardia, citava: “Balsamina. Uva nera di granelli tondi discretamente piccioli e radi che matura bene anche in luoghi ombrosi e di terreno pingue“[8].

Nell’anno 1800, sul Calendario Georgico[9], a cura della Società Agraria di Torino, fra le uve nere di prima qualità, era citata la: “7° Balsamina, che è probabilmente l’Aurè dei Monferrini, Nereto del territorio di Pinerolo, il Niret di Saluzzo, e contorni, il Neirano di molte colline dell’Astigiana, e l’Annerato di Valenza, uva di grappolo lungo, acini rari, molto neri, e rotondi, fa vino pieno e colorito, prova ovunque, ma meglio nella collina a mezzogiorno, o levante, il vino riesce dolce, generoso, e molto nero, ma l’uva è scarsa di mosto”[10]. Un’altra varietà con lo stesso nome è menzionata di seguito alla suddetta: “8° Balsamina molto coltivata nella collina sopra Casal Monferrato dà uva di gamba corta, e carnosa, grappoli rari, acini grossi, e rotondi. Il vino riesce chiaro e robusto, essendo mescolata col Nebbiolo, o coll’antecedente Balsamina per due terzi di queste uve, il vino diventa più colorito, e di sapore grazioso: se si faccia puro è molto sano, e passante, ma non è cercato da quelli, che ne fanno commercio”[11].

Margaroli[12] nel consigliare le varietà di uva nere da coltivare in Lombardia. così si esprimeva: “Fra noi si devono preferire le viti che i campagnuoli chiamano bresciane, cropelle, pignole, balsamine (..), perché avendo il legno più duro e meno poroso, resistono più delle altre specie alle brine e al freddo. Oltre di che danno abbondante e miglior prodotto, ed essendo tardive nel produrre le loro cacciate in primavera, non vanno sottoposte facilmente alle ultime brine (…) La moscata, l’oriana e la balsamina si pregiano d’assai perché producono il vino non solo ottimo e saporito, ma ancora molto colorito e resistente, avendo esso un corpo assai maggiore di quello degli altri vini delle uve gentili“[3].

Rovasenda[14], nel 1877, oltre alla balsamina bianca, riportava la: “Balsamina nera. Coltivata nell’Italia centrale, in Lombardia, e principalmente nella Prov. Veneta e nel Tirolo (…)[15]”; Acerbi la descrive fra le uve milanesi, Pulliat le assegna grappolo medio, acini medi, rotondi, poco compatti, assai neri. Rovasenda segnalava un’altra balsamina nera a Fermo nelle Marche, ed anche una balsamira, sempre a Fermo ed Alessandria; un’altra bianca a Macerata, era detta anche Santa Maria; dal catalogo del siciliano Mendola, Rovasenda constatava che esistevano: “parecchi sinonimi della Balsamina, la quale è forse una delle uve chiamate con le denominazioni più variate”[16].

Nel 1868 la balsamina era presente nella collezione di viti francese M. V. Pulliat[17], ed è, sinteticamente, così descritta: “Balsamina nera (Piemont). Grap. moy., gr. ronds, moy., peu serrés, très – noirs“[18].

Note

  1.  Stabilimento Orticola di Pietro Maserati a Piacenza, Supplimento, Piacenza; 1838, Antonio Del Majno.
  2.  Archivio di Stato di Parma, Università degli Studi di Parma. Facoltà di Magistero, Corso di Lingue e Letteratura straniere, Moreau de Saint-Méry, Description topographique et statistique des Etats de Parme, Plaisance et Guastalla, Cartone II, (pp.1079 – 2034). Tesi di laurea di Maria Cristina Cattabiani, relatore Carminella Biondi, a. a. 1985-86. 
  3. Id. p. 243.
  4. Dalla Fossa Claudio, Opuscoli agrari, Reggio [Emilia], Tipi della Società, s.d. [1811].
  5. Id. p. 25.
  6. Biblioteca Municipale “Panizzi” di Reggio Emilia, Manoscritto di Vincenzo Bertozzi, Viti della provincia di Reggio, MSS. REGG. D 88/23. La riproduzione dell’elenco di Bertozzi è presente in: Bellocchi Ugo, Reggio Emilia la provincia “lambrusca”, Reggio Emilia, Tecnostampa, 1982, pp. 58-59. Bellocchi ha corretto gli accenti presenti sui nomi delle varietà riportate da Bertozzi e successivamente da: Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano addenda et emendanda, Reggio Emilia, 1926, Officine Grafiche Reggiane p-15-16. Casali aggiunse alcune interessanti notizie sull’elenco del Bertozzi e sullo stesso Bertozzi: “L’elenco è inedito ed è di mano del dottor Vincenzo Bertozzi, membro della Società Agraria del Dipartimento del Crostolo e appassionato e valente frutticoltore. Della sua rinomata collezione di varietà e di alberi fruttiferi non rimangono più che pochissime tracce nella villa di sua proprietà alla Baragalla. L’elenco venne trasmesso dal Bertozzi al prof. Galliani, che lo aveva richiesto: non porta alcuna data ma è stato certamente compilato verso il 1840“. Casali trasmise l’inedito elenco alla Biblioteca reggiana.
  7.  Fabroni Adamo, Dell’arte di fare il vino per la Lombardia austriaca e metodi pratici per fare i migliori vini toscani, Milano, 1819, Giovanni Silvestri.
  8. Id. p. 17.
  9.  Calendario Georgico, Torino, 1800, Società Agraria di Torino, coi tipi di Pane e Barberis.
  10. Id. p. 100.
  11. Id. pp. 100-101.
  12.  Margaroli Giovanni Battista, Manuale dell’abitatore di campagna e della buona castalda, Milano, Ernesto Oliva Editore, 1857, quarta edizione. La prima edizione è del 1831, la seconda, ampliata e corretta del 1840.
  13. Id. pp. 184-185.
  14. Rovasenda Giuseppe, Saggio di una ampelografia universale, Torino, 1877, Tipografia Subalpina di Stefano Marino.
  15. Id. p. 28.
  16. id.
  17.  Descriptions & Synonymies des varietés de vignes cultivées dans la collection de M.V. Pulliat a Chiroubles, Lyon, 1868, Imprimerie du Salut Public.
  18. Id. p. 12.