L’uva rossara, nel corso dell’inchiesta sull’agricoltura del Ducato del 1771[1], risultò essere piuttosto diffusa presso i vari Distretti nei quali fu suddiviso il Ducato (9 su 24).
Nella “Zona non specificata tra l’Enza, il Termina e la Parma (1)”[2] fra le uve rosse presenti in questa zona fu rilevata l’uva rossara, senza alcuna ulteriore specificazione.
Il secondo distretto nel quale si coltivava l’uva rossara, caratterizzata da: “il grappo aperto e il granello longo“[3], era costituito dai territori di: “Fornovo, Ozzano,Taro, Piantonia, Sivizzano, Bardone, Terenzo, Goiano e Lesignano (2)”[4].
Nei paesi di “San Secondo e Fontanelle (7)”[5] era presente “la rosara con granello alquanto longo“[6].
A “Sorbolo e Casalora (11)[7]: “le rosare sono preste a maturare“[8]. Nei territori di:”Enzano, Coenzo, Mezzani (12)”[9], oltre ad uve rosse e uve nere: “(…) ci sono pure uve chiamate rosare, schiave, a granello rotondo e queste sono rossicce“[10].
Nelle località di. “Colorno, Torrile, Coltaro, Copermio, Sacca, Sanguigna, Mezzano Rondani (13)”[11] era presente “in poca quantità: la rossara [la quale, aveva] (…) alquanto più raro il graspo e il grano tondo“[12].
Nella zona di: “Collecchio, Sala Baganza, Vicofertile, Vigolante, Madregolo, Gaione, Talignano (14)”[13], fra “le uve che fanno vino rossiccio ma sono scarse” era menzionata: “la rosara con grano rotondo e grappo aperto“[14].
Nei territori di: “Colorno Vedole (17)”[15], il rilevatore, dopo aver elencato un certo numero di varietà di uva rosse, presenti nel suo distretto, fra le quali la rossara, concludeva affermando: “(…) tutte le rosse producono tutte vini di bona qualità, eccettuate l’uva Santa Maria e la rossara“[16].
Infine l’ultimo dipartimento nel quale era presente la rossara: “Poviglio, San Sisto, Casalpò (18)”[17], fra le diverse qualità di viti che producono uva e vini rossi: la rosara[18].
Nel Trattato di agricoltura[19], databile ad un periodo compreso tra fine Settecento e inizio Ottocento, era citata l’uva rossara rossa[20].
Niccolò Caula che annotò il baccanale attribuito Francesco Pincetti nel 1752, alla voce uva Rossara, rimandava a uva Rossetta, che così descriveva: “Rossetta. È di due sorte;: altra ha il picciuol rosso, le grana lunghette e non così grosse: questa non è tanto cattiva, benchè il suo vino non sia tanto di durata: non ha però molto colore, e riesce insipide, ma ubriaca però più di tutte le uve. – L’altra ha grana rotonde grosse ed è meno colorita, né ha piciuol rosso. Questa più propriamente è detta Rossara: il suo vino è senza colore, insipido, ed inebria inavvedutamente, ma non dura“[21].
Nel 1811, il reggiano Dalla Fossa[22] considerava le rossare insieme ad altre uve coltivate nel reggiano, quali varietà da scartare, in quanto: “hanno solo il vantaggio di essere precoci, sebbene la loro maturità non è giammai completa“[23].
Non sappiamo se la rosséra rilevata da Bertozzi[24] nel 1840 fra le uve di colore coltivate comunemente nei campi di Reggio Emilia e provincia si riferisca alla rossara o alla rossera, due varietà di uva diverse ma con un nome molto simile.
Anche Roncaglia[25], nel 1847, rilevò fra le uve colorate comuni dei territori Cispennini degli Stati Estensi, l’uva rossetta o rossara[26].
Malaspina[27] nel 1859, riportò il termine dialettale rossara, traducendola con rossone[28]. L’òva russèra, citata dal reggiano Casali[29] nel 1915, tradotta in italiano con uva rossara o rossana: era citata da Casali anche l’òva russaròun, tradotta con rossarone, evidentemente con grappolo di maggiori dimensioni rispetto a quello della rossara. Infine è possibile aggiungere due descrizioni dell’uva rossara, posteriori al 1859, data fissata come termine della presenta ricerca: la prima relativa ai territori ducali (1872)[30], la seconda ai territori estensi (1867)[31]. “Rossära. La foglia è subquinqueloba, con lobi arrotondati e denti corti e disuguali. La parte superiore è liscia, di un bel verde e sublucida, quella inferiore è di un verde chiarissimo pubescente o leggermente tomentosa, delicata al tatto. Il picciulo è mediocre e di colore verde rossiccio. Il grappolo ha forma conica acuminato, raggiunge i 16 cm. di lunghezza e le sue bacche sono grosse, rosso virose per trasparenza, quasi sferiche. I semi sono 3 ed il suo sapore è dolciastro. Il vino che ne risulta è acerbo e di poco pregio, pur avendo alte rese d’uva. Troviamo anche il Rossaron che si distingue da quello d’origine per avere un grappolo più grosso con bacche più grosse e più fitte[32].
Il modenese Agazzotti, nel 1857 descrisse la rossetta, sinonimo di rossara: “Rossetta. Grappolo medio poco meno che cilindrico, con pochi graspoletti, peduncolo ordinario verde giallo, picciuoletti verdi e grossotti in confine col grano.Acino di media grossezza, rotondo, ma non tanto esattamente poiché qualche volta per non dire frequentemente, addimostrasi ovale. Buccia color rosa carico, più intensa all’esterno che verso il picciuolo, lucida con polpa tenera ed affatto incolora. Sugo abbondante, dolce, melato, inaromatico. Uva primaticcia di cui suol dirsi che il padron non ne lecca, è più mangereccia che vinifera; ma anche in questo ultimo caso non è da dispregiarsi, poiché, premesso un discreto appassimento e saccarizzazione, ottienesi vino chiaro, generoso, spumante e più gustoso dello Champagne; non è molto coltivata perché pochissimo colorata, e di poco tono e perché come primaticcia è moltissimo consumata. La vite è di facilissima e ordinaria coltivazione.” [33]
Nel 1825, Acerbi[34], riportò la memoria sui vini delle Cinque Terre di Girolamo Guidoni, fra i quali la rossara: “17° Rossara. Poco differisce dal colore della Barbarossa, colla quale può facilmente confondersi. Grappolo piccolo. Acini rotondi, divisi, fiocine duretto. Foglia 5-lobata, ampia con nervature rossigne. Osservazione: vite mediocre“[35].
Fra i vini dei contorni di Trento, Acerbi menzionava: “512 Rossara durasa, 513 Rossara maggiore, 514 Rossara minore“[36].
Viala[37] oltre a riportare i nomi delle tre varietà di rossara di Trento, viste in precedenza, riguardo alla rossara, sosteneva: “Cépage italien très répandu pour la production du vin avec la Schiava et le Berzamino; grandes feuilles, entières, orbiculaires, bullèes: grosses grappes, coniques, grains moyens, rosés dun noire rougeậtre, vineux“[38].
Note
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro Du Tillot a 41-50 b. a 42.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio…cit.; Bargelli Claudio, La Città dei Lumi, Parma, MUP, 2020, p.173 e p. 177; Bargelli, Claudio, “Teatro d’Agricoltura” Le campagne parmensi nelle inchieste agrarie del secolo dei Lumi, in: “Rivista di Storia dell’Agricoltura” a. LJ, n.2, dicembre 2011 pp. 101-130.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.173 e p. 177.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.173 e p. 177.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.174 e p. 178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.174 e p. 178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.174 e p. 178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.175 e p. 179.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.175 e p. 179.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio… cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit., p.175 e p. 179.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, 1964, Artegrafica Silva; Medioli Masotti, Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980; Giorgini Paolo, Le varietà di uva presenti bei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla dal 1771 al 1859, ricerca inedita, 2021, p. n. i.
- Id. f. 692.
- “L’Indicatore Modenese”, anno I, n. 14, 4.10.1851.
- Dalla Fossa Claudio, Opuscoli agrari, Reggio [Emilia], Tipi della Società, s.d. [1811].
- Id. p.26.
- Biblioteca Panizzi, Manoscritto.
- Roncaglia Carlo, Statistica Generale degli Stati Estensi, volume II, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1850.
- Id. p. 421.
- Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano – Italiano, vol. IV, Parma, Tipografia Carmignani, 1859.
- Id. p. 357.
- Atti del Consorzio Agrario di Reggio Emilia, n. 1, Carlo Casali, I nomi delle piante nel dialetto reggiano, Reggio Emilia, Tipografia Bondavalli, 1915, p. 56.
- Tintinnar di bicchieri: vini e vignaiuoli a Parma, a cura di Accademia italiana della Cucina, delegazione della provincia di Parma, Parma, Gazzetta di Parma, 2006, a p. 114 riproduzione del Lunario per l’anno 1872 ed elenco dei vitigni della provincia parmense, Parma, Tipografia G. Ferrari e figli; da p.115-128: I vitigni della provincia parmense nell’anno 1872.
- Agazzotti Francesco, Catalogo descrittivo delle principali varietà di uva coltivate presso il Cav. Avv. Francesco Agazzotti del Colombaro, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1867, in: Montanari Gian Carlo, Malavasi Pignatti Morano, Uve modenesi tra XVIII e XIX secolo, Modena, Edizioni Il Fiorino, 2018.
- Tintinnar… cit. p. 125.
- Agazzotti Francesco, Catalogo… cit. pp.193-194.
- Acerbi Giuseppe, Delle viti italiane, Milano, Giovanni Silvestri, 1825.
- Id. p. 160.
- Id. p. 303.
- @
- Id. p. 286.