Nella rilevazione sull’agricoltura del ministro Du Tillot[1] l’uva pignolo era presente in nove dipartimenti, pertanto era piuttosto diffusa nelle terre del Ducato.
Nel distretto di “Busseto (5)”[2] fu rilevata la presenza dell’uva nera pignolo: “in pochissima quantità evvi del belzemino e pignolo ambe di granello rotondo“[3].
Nei territori in parte pianeggianti e parte di fertile collina di: “Cella, Costamezzana e altre terre non specificate (6)”[4] l’uva nera pignolo presentava: “grappo serrato granello rotondo“[5].
In una “Zona non specificata (9)”[6] del Ducato era presente l’uva pignolo col grappo serrato[7].
Nei territori di “Borgo S. Donnino, Costamezzana, Fontaneto e Siccomonte (10)”[8] l’uva pignolo si presentava con “granello lungo e grappolo serrato”[9].
Nel distretto comprendente i territori di: “Sorbolo e Casalora (11)”[10] nei quali fu censita l’uva rossa pignolo a “grappo serrato e granello rotondo“[11].
Ad “Enzano, Coenzo, Mezzani (12)”[12] l’uva rossa pignolo, presente in modesta quantità, aveva: “grappo serrato e granello rotondo“[13]. Nel distretto comprendenti i territori di “Collecchio, Sala Baganza, Costamezzana, Vicofertile, Vigolante; Madregolo, Gaione; Talignano (14)”[14], erano presenti due diverse uve pignolo: “il pignolo domestico, grano rotondo e grappo serrato, il pignolo selvatico col grano e grappo simile al domestico“[15].
Inoltre nello stesso territorio era indicata la presenza del pignolo bianco, al quale, nella presente ricerca, è dedicata un’apposita scheda. Il “Territorio piacentino non specificato (22)”[16], presentava l’uva rossa detta pignolo: “di grano rotondo, picciolo di grappoli grossi e serrati, il vino è generoso e grasso è di tarda maturazione“[17].
Nel distretto di “Soragna (23)”[18], fu censita l’uva nera pignolo “di granello rotondo e grappo aperto“[19]. Il Trattato di agricoltura[20] di anonimo autore, databile fra la fine del Settecento e inizi Ottocento, fra le uve rosse, citava l’uva pignolo rosso scuro[21]; era menzionata anche l’uva pignolo bianco[22]. Inoltre fra le uve bianche si citava anche la varietà pegnolo[23]; infine fra le varietà di uva coltivabili negli orti si indicava l’uva pignolo[24], senza alcuna specificazione del colore degli acini.
Bramieri[25] nel 1788, distingueva due uve pignolo: “Pignolo gentile. Ottima nel Ducato Piacentino sopra tutte le uve ad uso di vin rosso. Il grappolo ne è molto picciolo, serrato e curvetto; gli acini assai minuti, ed il colore tendente assai al nero. Conviene lasciare scorrere questo vitigno per averne frutto, del quale poco abbonda; ma la perfezion sua supplisce per la copia. ma le terre miste e le ghiaiose, e fra gli aspetti quello del Levante. Il vino di Stato assai riputato vien tratto da quest’uva, di cui è particolar pregio il comunicare al vino un grato odore di mammoletta”[26].
L’altra uva pignolo è il “Pignolo grappolato. Uva molto simile alla antecedente, ma di grappolo e d’acino più grossetto. grande è la sua fertilità e pressoché costante principalmente nelle terre sciolte. Il vitigno per la sua mediocrità convien bene ai filari, e potrebbe anche ridursi a bassa vite. Dà il vino sufficientemente buono. Perché alcuni acini di quest’uva rimangono accolti fra i maturi acerbi, di color verde, parmi di riconoscere in essa la pignuola grigia di S. Colombano“[27]. Nel 1813, un’anonima relazione sull’agricoltura del circondario piacentino, pubblicata da Filippo Re[28] riportava: “Le uve di questo circondario per la più parte sono nere. Tra le molte varietà io qui annovererò quelle, che sono le più pregiate per far vino coi nomi del paese. Son queste l’uva fruttana, l’ormiona, la pignola(…)“[29].
Peschieri nel 1828[30], fra le uve rosse, menzionava l’uva pgnoèul[31], tradotto con il termine pignolo; termine dialettale e traduzione ribaditi da Peschieri[32] nell’edizione del suo Dizionario Parmigiano-Italiano del 1841. L’Uga pignö, riporta Foresti[33], traducendo dal piacentino all’italiano con: pignuolo, prugnolo[34].
La stessa traduzione italiana riportata nel 1814 nel Vocabolario Milanese – Italiano del Cherubini[35], il termine in milanese era uga pignoeula[36]. Cherubini[37] nell’edizione del 1843 dello stesso vocabolario, aggiunse alcune notizie interessanti sull’uga pignoeula, traducendola con il termine italiano di: “Pignuolo. Prugnuolo? Uva mammola? Uva groppella? Uva di grappolo piccino, serrato, curvo, con acini minutissimi e di colore nerognolo. Ha fragranza di viola mammola. Trae il nome primo italiano dalla voce pistojese Pigna per Grappolo usata al diminutivo perché fa grappolo piccino. V’ha la pignoeula negra e la grisa“[38].
Da notare che in corrispondenza del termine dialettale uga paganòn si rimanda all’uga pignoeula[39].
Nel 1841, presso la località di Ponte d’Enza, nel vivaio del signor Luigi Musiari[40], fra le uve da vino, senza indicazione del colore dell’acino, era presente l’uva pignolo. Nel 1859 Malaspina[41], riportava il termine dialettale uva pgnoèul, traducendolo in italiano con pignuolo, uva mammola[42].
Nonostante si tratti di una pubblicazione successiva al 1859, data finale della presente ricerca, ricorreremo alla descrizione dei vitigni della provincia parmense presenti sul Lunario per l’anno bisestile del 1872[43], in particolare per quanto concerne la descrizione del pignolo (Pgnoèul): “La sua foglia è quinquefida a grandi lacinie con quella superiore ovata a denti grandi ed acuti, sub regolari. La parte superiore è di un verde carico, liscia mentre quella inferiore è verde che tende al bianchiccio e tomentosa. Il picciolo è lungo e verde. Il grappolo risulta compatto e sub cilindrico, di circa 12 cm. Di lunghezza fatto di bacche nere, sub rotonde, pruinose ed opache. I semi sono 2 ed il sapore è dolciastro. Il vino che produce è gagliardo”[44].
Nei territori estensi, Bertozzi[45], citava soltanto un’uva bianca coltivata nei campi: la pignoleina.
Fabroni[46], nel 1819, nell’elencare le principali varietà di uva presenti sui territori della Lombardia austriaca, citò l’uva pignola: “Nebiol milanese o Pignola. Uva di granelli folti, neri, buccia forte, non soggetta a marcire, e fa buon vino“[47].
Acerbi[48] riportò una monografia sulle uve presenti nella provincia di Cremona, prodotta dal professor Gio. Sonsis[49], fra le uve colorate, era presente il pignolo: “3° Pignolo. Fusto con molta cacciata, con sermenti lunghi, con molto midollo, lunghi, tenaci, con viticci frequenti, lunghi, tenaci, trifidi. Foglie 5-lobe, con margine irregolarmente dentellato, larghe, superiormente lisce, inferiormente tomentose, con peziolo rossiccio. Frutto grosso. fitto di acini, della figura di una pigna, da cui ebbe il nome. Acini quasi rotondi, fitti, rosso-cupi, pruinosi, con peduncoli corti, grossi, di un verde rossiccio, succosi, di sapor dolce, ma alquanto austero, con succo sanguigno, Grappolo ora solitario, ora binato, o ternato. Semi 3, grossi, bruni. Vite fecondissima, tardiva nella fioritura, e nella maturazione del frutto. Uso. Per vino, gagliardo, spiritoso, nero”[50].
Lo stesso Acerbi[51], pubblicò la monografia sulle varietà di uva presenti nell’ Oltrepò pavese, del professor Giuseppe Moretti[52], fra le uve colorate era presente l’uva: “7° Pignolo. Foglie trilobate numerose, con denti brevi; picciuoli colorati, lunghi da tre a quattro centimetri; la superficie superiore è un po’ rugosa: l’inferiore leggermente tomentosa: Grappolo mediocre, assai fitto di acini; anzi gli uni sono sovrapposti agli altri. Acino tondo e nero. È’ uva buona da far vino, il quale però è di gran forza, e produce sovente male di capo a coloro che non sono abituati a beverne“[53].
Margaroli[54] nel consigliare nella scelta delle uve nere per i territori lombardi così si esprimeva: “Fra noi si devono preferire le viti che i campagnuoli chiamano bresciane, cropelle, pignole (…) perché avendo il legno più duro e meno poroso, resistono più delle altre specie alle brine e al freddo[55]. Oltre di che danno abbondante e miglior prodotto, ed essendo tardive nel produrre le loro cacciate in primavera, non vanno sottoposte facilmente alle ultime brine“.
Nel 1592, l’uva pignolo, era citata dal pavese Petro Paulo Simoneta[56]. Nel 1606 Gio. Battista Croce[57] menzionava il: “Nebiol Milanese, ch’io tengo esser quello che da Milanesi vien chiamato Pignola: è buona vua, folta: ha la scorza resistente alla ingiuria del tempo: non marcisce, e matura bene: fà buoni vini naturali e gustosi”[58].
Francesco Persio Sacconi[59], nel 1697 citava la pignola, quale uva da tavola. Nel 1771, il fiorentino Ignazio Ronconi[60] così descriveva il: “Pignolo. Sorta d’uva rossa, che pende al nero, e viene in quantità a piccoli grappoli, serrati, con granella piccole, tonde di buccia dura. I capi sono scuri, di mediocre grossezza, con occhi fitti, e rilevati, e i pampani sottili, piccoli, lustri, un poco vellutati di sotto, con costole vermiglie. Ama il clima caldo, e il terreno sano, e facile a deporre la troppa umidità, venendo bene nel galestro, e nell’alberese, che è mescolato di sasso cortellino. Il vino viene colorito, odoroso, sottile, e spiritoso, ma bisogna indugiare a berlo che abbia prima sentito il caldo. Quest’uva mescolata con altre fa ottima composizione”[61]. Nel 1773, Gio. Cosimo Villifranchi[62], nella sua Oenologia Toscana, nel citare l’uva rossa Colombano o San Colombano evidenziava come sinonimo di questa l’uva Pignuolo: “12. ed insieme soave detto (…) dai Lodigiani, Pignuolo, il quale può stare a fronte d’ogn’altro Vino d’Italia“[63]. Villafranchi descrisse anche il pignolo rosso: “45. Pignuolo rosso, e in qualche luogo volgarmente Prugnolo = Maturata che sia questa specie di Uva diviene quasi nera, e ne fa molta, per lo più in grappoli serrati, di granelli piuttosto piccoli, tondi, e di guscio duro. Vuole la terra mediocremente grossa, purché facilmente sgrani, e non tenga l’acqua, facendo benissimo nella terra rossa, ed anco nella gialla. quando non sia argilla (…) Fa il Vino molto colorito, odoroso, sottile, e spiritoso, da piacere infinitamente a beversi anche solo, mescolata poi questa con altre Uve fa maravigliosamente bene, producendo colore, odore, e sapore, che per i Vini sono prerogative molto stimabili”[64]. Nel 1569, il nobile bresciano Agostino Gallo [65] citava, fra le uve maggiormente produttive ed anche buone da mangiare, oltreché da far vino, le pignole “(…) le quali non solamente fanno dell’uva in copia, ma il vino loro è buono semplice ed accompagnato“[66]. Nel sec. XIV, Pier Crescenzi[67], osservava che: “[uva] pignolus qui multum diligitur apud Mediolanum“[68]; lo stesso Pietro de’ Crescenzi[69], in una traduzione in fiorentino di fine Settecento, notava che, fra le uve nere coltivate nel bolognese, “[il] pignuolo, che è molto amato appo Melano sopra arbucelli, ma appo noi non bene fruttifica (…)“[70].
Nell’anno 1800, sul Calendario Georgico[71], curato dalla Società Agraria di Torino, fra le uve nere di seconda qualità, era menzionata l’uva pignolo[72].
Nel 1829, Alverà[73], fra le uve di colore coltivate nella provincia di Vicenza, indicò: “Pignola negra, (Pignuolo rosso, o Prugnolo dei Toscani)[74].
Note
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro Du Tillot a 41-50 b. a 42
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città dei Lumi, Parma, MUP, 2020, p.173 e p. 177; Bargelli Claudio, “Teatro d’Agricoltura” Le campagne parmensi nelle inchieste agrarie del secolo dei Lumi, in: “Rivista di Storia dell’Agricoltura” a. LJ, n.2, dicembre 2011 pp. 101-130.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà di uva presenti nei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla dal 1771 al 1859, ricerca inedita, 2021, p. n. i.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.173 e p. 177.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.174 e p.178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.174 e p.178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.174 e p.178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.174 e p.178.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.175 e p.179.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.176 e p.180.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.; Bargelli Claudio, La Città… cit. p.176 e p.180.
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro … cit.: Giorgini Paolo, Le varietà… cit.
- Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari.Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, Artegrafica Silva, 1964; Medioli Masotti Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980; Giorgini Paolo, Le varietà di uva presenti bei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla dal 1771 al 1859, ricerca inedita, 2021, p. n. i.
- Id. f.692. L’uva pignolo rosso scuro, nel manoscritto 138 f. 692, fu citata due volte nell’elenco delle uve rosse.
- Id. f. 691.
- Id. f. 691.
- Id. f. 437.
- Atti della Società Patriotica di Milano, volume III, Milano, 1793.
- Id. p. 136.
- Id.
- Anonimo, Dell’Agricoltura del circondario di Piacenza, dipartimento del Taro, Impero francese, pp. 3-34 in: Re Filippo, “Annali dell’Agricoltura”, tomo XVIII, Aprile-Maggio-Giugno 1813, Milano, Giovanni Silvestri, 1813.
- Id. p. 22.
- Peschieri Ilario, Dizionario Parmigiano-Italiano vol. II, R-Z, Parma, Stamperia Blanchon, 1828.
- Id. p. 647.
- Peschieri Ilario, Dizionario Parmigiano-Italiano, vol. II, Parma, Stamperia Carmignani, 1841, p. 1109.
- Foresti Lorenzo, Vocabolario Piacentino – Italiano, Piacenza, Fratelli Del Majno Tipografi, 1836.
- Id. p. 401.
- Cherubini Francesco, Vocabolario Milanese – Italiano, tomo II, P-Z, Stamperia Reale, 1843.
- Id. p. 261.
- Cherubini Francesco, Vocabolario Milanese – Italiano, vol. IV, R-Z, Milano, Regia Stamperia, 1843.
- id. p. 459.
- Id. p. 460.
- “Il Facchino”, 27/2/1841, a. III, n.9.
- Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano-Italiano vol. IV, Parma, Tipografia Carmignani, 1859.
- Id. p. 357.
- Tintinnar di bicchieri: vini e vignaiuoli a Parma, a cura di Accademia italiana della Cucina, delegazione della provincia di Parma, Parma, Gazzetta di Parma, 2006, a p. 114 riproduzione del Lunario per l’anno 1872 ed elenco dei vitigni della provincia parmense, Parma, Tipografia G. Ferrari e figli; da p.115-128: I vitigni della provincia parmense nell’anno 1872.
- Id. pp. 123-124.
- Biblioteca Municipale “Panizzi” di Reggio Emilia, Manoscritto di Vincenzo Bertozzi, Viti della provincia di Reggio, MSS. REGG. D 88/23. La riproduzione dell’elenco di Bertozzi è presente in: Bellocchi Ugo, Reggio Emilia la provincia “lambrusca”, Reggio Emilia, Tecnostampa, 1982, pp. 58-59. Bellocchi ha corretto gli accenti presenti sui nomi delle varietà riportate da Bertozzi e successivamente da: Casali Carlo, I nomi delle piante nel dialetto reggiano addenda et emendanda, Reggio Emilia, Officine Grafiche Reggiane, 1926, pp. 15-16. Casali aggiunse alcune interessanti notizie sull’elenco del Bertozzi e sullo stesso Bertozzi: “L’elenco è inedito ed è di mano del dottor Vincenzo Bertozzi, membro della Società Agraria del Dipartimento del Crostolo e appassionato e valente frutticoltore. Della sua rinomata collezione di varietà e di alberi fruttiferi non rimangono più che pochissime tracce nella villa di sua proprietà alla Baragalla. L’elenco venne trasmesso dal Bertozzi al prof. Galliani, che lo aveva richiesto: non porta alcuna data ma è stato certamente compilato verso il 1840“. Casali trasmise l’inedito elenco alla Biblioteca reggiana.
- Fabroni Adamo, Dell’arte di fare il vino per la Lombardia austriaca e metodi pratici per fare i migliori vini toscani. Milano, Giovanni, Silvestri, 1819.
- Id. p. 20.
- Acerbi Giuseppe, Delle viti italiane, Giovanni Silvestri, 1825.
- Id. p. 35-52.
- Id. p. 42.
- Id. p. 58.
- Id. pp. 58-59.
- Id. p. 58.
- Margaroli Giovanni Battista, Manuale dell’abitatore di campagna e della buona castalda, Milano, Ernesto Oliva Editore, 1857, 4° edizione. La prima edizione è del 1831, la seconda, ampliata e corretta del 1840.
- Id. pp. 184-185.
- Simoneta Petro Paulo, Breve compendium totius medicinae, Ticini, ex Officina Heredim Hieronimi Bartoli, 1592, p. 392.
- Croce Gio. Battista, Della Eccellenza e diversità dei vini nella Montagna di Torino si fanno; E del modo di farli. Torino, Aluigi Pizzamiglio, 1606.
- Id. p. 10.
- Sacconi Francesco Persio, Ristretto delle piante, Vienna, Andrea Heyinger, 1697.
- Ronconi Ignazio, La Coltivazione Italiana, o sia Dizionario d’Agricoltura, Tomo II, Venezia, Francesco Sansoni, 1771.
- Id. p. 128.
- Villifranchi Gio. Cosimo, Oenologia Toscana, Firenze, Gaetano Cambiagi Stamp. Granducale, 1773.
- Id. p. 94.
- Id. p. 107-108.
- Gallo Agostino, Le venti giornate dell’agricoltura e de’ piaceri della villa, Brescia, Stamperia di Giuseppe Bossini, 1775, p. XIII.
- Id. p. 92.
- Sella Pietro, Glossario Latino – Emiliano, Città Del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1937.
- Id. p. 377; Petrus de Crescentiis bononiensis, Liber ruralium comodorum.
- De’ Crescenzi Pietro, Trattato della Agricoltura, Bologna, Istituto delle Scienze, 1784. Trattasi di una traduzione dal latino al fiorentino dell’opera del 1304, Ruralium Commodorum libri XII, di De Crescenzi.
- Id. p. 197.
- Calendario Georgico, Torino, Società Agraria di Torino coi tipi di Pane e Barberis, 1800.
- Id. p. 105.
- Alverà Andrea, “Annali Universali di Agricoltura”, fasc. luglio 1829, Milano, Paolo Lampato; in: Lanzani Estore, Saggio di una pantografia vicentina, Venezia, per Giuseppe Giuliani, 1834, pp. 61-62.
- Id. p. 62.