“La Panochia, grano più tosto longo e grosso assai grappo fra aperto e serrato”[1], così era descritta l’uva dal rilevatore del Distretto della inchiesta sull’agricoltura del 1771, comprendente i paesi di: “Giarola, Colechio, Vicofertile, Vigolante, Limignano, Vighefio, con piccola parte di Antognano di Gaiano al di qua del Baganza, quali territori sono tutti situati in pianura a riserva di pochissime colline ai confini di Sala e di Talignano (…) (14)“[2].
La panochia era compresa fra le uve di colore rossicce, presenti nel territorio considerato[3].
Nel manoscritto anonimo Trattato di agricoltura [4], redatto fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, riportava il termine di panochia rossa[5].
Note
- Archivio di Stato di Parma, Archivio del Ministro Du Tillot a 41-50 b. a 42i.
- Bargelli Claudio, La città dei Lumi, Parma, MUP, 2020, p.175 e p.179; Bargelli Claudio, Teatro d’Agricoltura. Le campagne parmensi nelle inchieste agrarie del secolo dei Lumi, in: “Rivista di Storia dell’Agricoltura” a. LJ, n.2, dicembre 2011, pp. 101-130.
- Bargelli Claudio, La Città… cit. p. 179.
- Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, Artegrafica Silva, 1964; Medioli Masotti Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980.
- Id. f. 692.