Nel Trattato di Agricoltura[1], d’autore anonimo, risalente al periodo di fine XVIII e inizio XIX, fra le varietà di uva bianche era presente il moscatelo di Spagna[2].
Fra le uve coltivate nel territorio di Guastalla nel periodo 1808-09, secondo una corrispondenza dell’ingegner Giulio Cesare Cani[3], era presente l’uva moscatello di Spagna: “di grano grosso ed ambrato ottimo da mangiare e non per vino, ama bona posizione e potatura rara: è perseguitato dalle api e dai calabroni, il che ne indica avere una qualità zuccherosa“[4].
Malaspina[5] nel 1859 citò il termine dialettale moscatèll ’d Spagna, traducendolo con uva salamanna[6].
Note
- Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, Artegrafica Silva, 1964; Medioli Masotti Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980.
- Id. f. 691.
- Biblioteca Maldotti di Guastalla, G.C. Cani, Lettere agrarie alla Colonia d’agricoltura del Crostolo, fondo Cani, busta 96, lettera XII, “Della coltivazione delle viti“, destinatario avv. Giovanni Carandini, data presunta 1808-1809. Si ringrazia, per la competenza e cortesia la dott.ssa Alice Setti della Biblioteca Maldotti di Guastalla. Si veda: Sulla condizione agraria del reggiano nell’Ottocento. Società Agraria di Reggio Emilia, prefazione di Rolando Valli, Reggio Emilia, Antiche Porte Editrice, 2013, pp. 13-27.
- Id.
- Malaspina Carlo, Vocabolario Parmigiano – Italiano, vol. quarto, Parma, Tipografia Carmignani, 1859.
- Id. p. 357.