Malvatica rossa

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Le “Viti di qualità scelte per fare vini squisiti“[1] presenti nel catalogo del vivaio del signor Luigi Musiari del Ponte d’Enza nel 1841, comprendono l’uva malvatica rossa. Senza alcuna indicazione del colore degli acini, nel XVI secolo, all’interno degli Statutorum Brixilli[2] [Brescello], era presente il termine di uva malvatica[3].

Mentre il vino malvaticum era riportato dal parmigiano Francesco Maria Grapaldo nella sua opera, risalente alla fine del Quattrocento, De partibus aedium[4]: “Nostra aetate, prae ceteris, trebianum, vernatiolum, amabile et ex [C]reta malvaticum, quod vocant, commendantur”[5].

L’importante speziale parmigiano Girolamo Calestani[6], nelle sue Osservationi[7], la cui prima edizione risale al 1564, nel descrivere la preparazione di elettuarii, quali il mitridato e la theriaca, due antidoti di antiche formulazioni, che prevedevano, tra gli innumerevoli ingredienti, in particolare per la theriaca, l’uso del vino: “I semplici sopra tutto sieno eletti, ottimi, e perfetti e ciascuno si pesti, e triti, secondo che comporta la natura (…). Et quei, che per la loro mollezza seranno difficili all’uno & all’altro, s’infonderanno, o si dissolveranno in vin ‘ ottimo, chiaro e generoso il vino sia … [???], di sostanza sottile, i odore ottimo, & habbia dello splendido, si come l’Arusio di Chiò, il Lesbo di Mitilena, il Orelsolo di Metina, & l’Afratico di Monte Temolo: quali essendo tutti oltramarini e troppo a noi lontani, non accade, che ne ragioniamo altrove“[8]. In mancanza di tali vini si usi il Falerno, “in difetto & in luogo del Falerno si possa la confettione fournire con altro vino, che gli sia simile“[9].

Calestani, inserisce a questo punto una interessante esperienza personale, ricordandosi di una theriaca, composta a Roma alla quale egli assistette: “(…) v’eravamo, dalli reverendi d’Araceli & da M. Pellegrino Fulginato, di que’ Medici, che più tosto il vino greco vi ponessero, che’l Falerno: del quale no poca copia ne potevano aver per esserne, & all’hora, & quasi sempre Roma copiosissima. E se pure, per essere il Falerno vermiglio, volevano altro vino fulvo, & generoso, havevano di questo colore il malvatico dolce & odoratissimo, il quale è verissimo, & più vigoroso vino di Grecia. Volsero i Medici detti, che nel Mitridato si ponesse pure il vino greco, ma in questo veramente s’opposero benissimo: percioché essendo esso Mitridato composto con più quantità di mele, no vi richiede, come nella theriaca ingrossatione di vino“[10].

Infine una considerazione sul fatto che Mitridate re di Ponto, dal quale i romani, appresero la formulazione del suo antidoto, utilizzasse i vini orientali: “Et poi è certo da credere, che Mitridate Re non usasse altri vini ne i suoi antidoti, che degli oltramarini, e massimamente degli Asiani, per essere egli a quella regione propinquo, stando al Ponto, e la Bitinia, de quali era esso Signore, tra l’Europa & l’Asia. A questi vini gli è tutto simile, come habbiamo noi veduto, quello, c’hora è vino greco“[11].

Nelle pagine successive, Calestani amplia il numero dei vini che potevano far da sostituti al Falerno, dapprima ribadendo l’importanza del malvatico: “Ma che tanto ragionare dei vini? Il

malvatico dolce odorato e di sottile sostanza tiene in questa composizione il principato, & lo seguono poi gli altri, che l’avvicinano più di qualità”[12].

Per completezza trattasi della vernaccia nel parmigiano, dell’amabile nel genovese, della malvasia a Bologna e infine del greco.

Calestani, dopo aver citato la vernaccia, l’amabile ed il greco, concludeva affermando: “(…) benché la commodità che habbiamo del malvatico, ce gli fa operando lui solo, lasciar tutti”[13].

Note

  1.  “Il Facchino”, 27 / febbraio / 1841, a. III, n. 9, Parma, Tipografia Rossetti, 1841.
  2.  Sella Pietro, Glossario Latino Emiliano, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1937, p. XIV, Brescello sec XVI – Statutorum Brixilli libri tres, Parmae, 1572.
  3.  Id. p. 376.
  4.  Grapaldo Francesco Maria, De partibua aedium, si veda anche: Vignali Luigi, Il lessico “neoterico” del De partibua aedium, Parma, Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi, 2005, pp. 111-112.
  5.  Id. p.
  6.  Lasagni Roberto, Dizionario biografico dei parmigiani, Parma, PPS Editrice, 1999, pp.791-793.
  7.  Calestani Gerolamo, Osservationi, Venetia, Giacomo Vincenti, 1598.
  8.  Id. p. 80 (parte seconda)
  9.  Id.
  10.  Id. p. 81 (parte seconda).
  11.  Id.
  12.  Id. p. 89 (parte seconda).
  13.  Id.