Galletta bianca

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Nel manoscritto anonimo Trattato di agricoltura[1] risalente ad un periodo compreso fra la fine del XVIII e inizio XIX secolo era rilevabile l’uva galletta[2], senza indicazione del colore degli acini; era compresa fra le uve coltivabili nell’orto.

La Galetta bianca era presente fra le uve da tavola nel catalogo del 1841: “Piante indigene ed esotiche che si coltivano dal signor Luigi Musiari nel suo vivajo posto al Ponte d’Enza in Taneto territorio di Parma”[3].

Nel manoscritto del carpigiano D. Piergiovanni Paltrinieri[4], contemporaneo dell’autore de I vini modenesi[5], baccanale di un accademico dissonante, colle annotazioni alle uve citate dal baccanale, da parte di Niccolò Caula, furono riprese da Luigi Maini su L’Indicatore Modenese nel 1851[6], insieme ai contenuti del manoscritto di Paltrinieri; quest’ultimo, a proposito dell’uva galletta scriveva quanto segue: “Galletta, è un’uva bianca con grappoli piccoletti, ed i grani lunghetti ed un poco appuntati: è propria per la tavola non per il vino“.

Nel 1812 Filippo Re[7] segnalava fra le uve bianche coltivate nel bolognese, l’uva galletta: Vitis v. pergulana pyriniformis[8].

Nel 1841, Savani[9], fra le uve bianche da vino, dei territori modenesi, citava la galletta gentile o pignolo bianco[10].

Nel 1845 il giornale bolognese Il Felsineo, riportò il termine dialettale della vite galletta, senza indicazione del colore degli acini: galètta; vitis pergulana pyrifornus.

Nello stesso anno, Zuccagni-Orlandini[11] fra le uve bianche del modenese citava la galletta[12].

Nel 1847 Roncaglia[13] citò la galletta fra le uve bianche presenti nei territori Cispennini degli Stati Estensi[14].

Margaroli[15] nel suo Manuale dell’abitatore di campagna e della buona castalda, la cui prima edizione fu pubblicata nel 1831, la seconda, ampliata e corretta nel 1840, fra le varietà che si distinguevano, di uva bianche coltivate nei territori lombardi, egli citava la galetta[16]. Nel 1773, Gio. Cosimo Villifranchi[17], nella sua Oenologia Toscana, descriveva l’uva galletta bianca nei termini seguenti: “68 Uva Galletta = Questa si tiene a pergola, di granelli verdi chiari, lunghi due pollici e più, e curvi come i reni dei Galli, e perciò detta dai Francesi Rognon de Coq, forse in latino detta Vitis pergulana, Uva perampla, acino oblongo, duro majori e subviridi., dal Garidello. Appresso di noi non è di granello tanto duro, e matura che sia è molto dolce, e perciò mangiasi in Uva, e non fassene Vino”[18].

Nel 1829, Andrea Alverà[19] riportava il nome in dialetto vicentino dell’uva bianca galletta dei Toscani corrispondente a Cibibo bianco[20].

Rovasenda[21], nel 1877 riportava la galletta bianca (Toscana), (Soderini), poi sempre la galletta bianca descritta da Agazzotti[22],risultava identico al cornichon o pizzutello.

Viala[23] riportava. quale sinonimo di galletta bianca: cornichon blanc[24]. Riportiamo di seguito la descrizione dell’uva galletta bianca e dell’uva gallettone, descritte sul catalogo di Francesco Agazzotti[25] di Formigine di Modena: “33 Galletta (Cornichon dei Francesi) Grappolo piccolo piramidale, con peduncolo ordinario a picciuoli distinti. Acino tre volte lungo quanto grosso, appuntato all’estremità, sferico al picciuolo. Buccia giallo – verdognola, traslucida e resistente, con polpa pure soda, non però quanto il Bermestone. Sugo mucillaginoso, denso, dolce – melato e inaromatico. Uva di aspetto speciale appunto per la forma allungata del grano che la distingue a prima vista dalle altre: ha fogllie frastagliate, ed è di sapore molto dolce e delicato: serve bene alla tavola non solo, ma anche nella confezione di vini abboccati, ossia liquorosi. Sta bene anche associata alle malvasie e moscati, ai quali dà il fondo, ed esse l’aroma: coll’avvertenza però di appassire più queste che quella, la quale sarà bene stenderla in una camera all’ombra, mentre quelle saranno esposte alla maggior ventilazione ed anche al sole. Veggasi in proposito la descrizione del processo della fabbricazione del moscato e della malvasia. La vite ama il terreno sciolto e leggiero; né tanto pingue se destinata a uso di vini fini: ha corti internodi e fogliame di un verde chiaro”[26].

Segue, la descrizione della Gallettona. “34 Gallettona. Grappolo lungo a grani sparsi e radi. Acino oblunghissimo, poco meno del quadruplo del suo diametro, il quale oltrepassa le ordinarie dimensioni, quantunque abbia pochissimi grappoletti e un ristretto numero di grani, che sono per la maggior parte attaccati al peduncolo centrale di color verde, né molto robusto. essi hanno polpa assai consistente. Buccia color verde cereo polverosa, annuvolata. Sugo denso, insipido, incoloro, inaromatico. Una vera nullità per vino; è riservata solo alle mense ove diletta col suo particolare aspetto, tutto a lei proprio. Ma chi abbia buon palato non assaggia il secondo dopo il primo grano, a meno che non ne abbia gran voglia né ve ne sia d’altra qualità. È per questa ragione che la gallettona non forma oggetto di coltivazione in grande; solo gli amatori ne conservano qualche pianta per curiosità“[27]. Infine si riportano alcuni sinonimi di cornichon blanc, tratti dal IV volume dell’Ampelographie di Viala[28], nel quale è possibile ammirare una riproduzione della medesima uva dalle caratteristiche degli acini inconfondibile: “Cornichon blanc. Synonimie: Pizzutello bianco, Pizzutello di Roma, (…) Corniola bianca, Cornicciola, (…) Uva Cornetta, Uva Corna (…) Tetta ou Titta di vacca (…), Speron di Gallo (…) Galeta, Galletta (Toscana, Marche, Romagna ecc.) (…)”[29]; la scheda sul Cornichon blanc fu redatta da M. Carlucci, A. Tacussel[30], alla quale si rimanda per ulteriori approfondimenti.

Note

  1.  Archivio di Stato di Parma, Raccolta Manoscritti, ms.138; Il manoscritto è riportato anche in: Spaggiari Pier Luigi, Insegnamenti di agricoltura parmigiana del XVIII secolo, Parma, Artegrafica Silva, 1964; Medioli Masotti Paola, Lessico di un trattato parmigiano di agricoltura (fine XVIII inizio XIX sec.) in: “Archivio Storico per le province parmensi”, quarta serie, volume XXXI, 1979, Deputazione di Storia Patria per le province parmensi, Parma, 1980; Giorgini Paolo, Le varietà di uva presenti bei Ducati di Parma Piacenza e Guastalla dal 1771 al 1859, ricerca inedita, 2021, p. n. i..
  2.  Id. f. 437
  3.  “Il Facchino”, redatto da Carlo Malaspina, 27 febbraio, 1841, a. III, n. 9, Parma, Tipografia Rossetti, 1841.
  4.  L’Indicatore Modenese, 13/09/1851, a.1, n.11,
  5.  I vini modanesi. Baccanale di un accad. dissonante colle annotazioni, Modena, Francesco Torri, 1752.
  6.  “L’Indicatore” cit. p. 87.
  7.  Rapporto a sua eccellenza il sig. Ministro dell’Interno sullo stato dell’Orto Agrario della R. Università di Bologna, Milano, Giovanni Silvestri, 1812.
  8.  Id. p. 47.
  9.  Savani Luigi, Istruzione pratica per la coltivazione della vite, in: Memorie varie risguardanti la migliore agricoltura, Modena, Tip. Vincenzi e Rossi, 1841, pp. 63-114.
  10.  Id. p. 70.
  11.  Zuccagni-Orlandini Attilio, Corografia fisica, storica e statistica dell’Italia e delle sue Isole, volume VIII, parte seconda, Firenze, 1845.
  12.  Id. p. 587.
  13.  Roncaglia Carlo, Statistica Generale degli tati Estensi, volume II, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1850.
  14.  Id. p. 420.
  15.  Margaroli Giovanni Battista, Manuale dell’abitatore di campagna e della buona castalda, Milano, Ernesto Oliva Editore, 1857, 4° edizione.
  16.  Id. p. 185.
  17.  Villifranchi, Gio. Cosimo, Oenologia Toscana, volume I, Firenze, Gaetano Cambiagi Stamp. Granducale, 1773.
  18.  Id. p. 117.
  19.  Lanzani Estore, Saggio di una pantografia vicentina, Venezia, per Giuseppe Giuliani, 1834, pp.61-62, nelle quali è riportata una memoria sui nomi in dialetto vicentino delle principali varietà di Vitis vinifera predominanti nella provincia, tratta da Alverà, Andrea, “Annali Universali di Agricoltura”, fasc. luglio 1829, Milano, Paolo Lampato.
  20.  Id. p. 61.
  21.  Rovasenda Giuseppe, Saggio di una ampelografia universale, Torino, Tipografia Subalpina, 1877, pp. 73-74
  22.  Agazzotti Francesco, Catalogo descrittivo delle principali varietà di uve coltivate presso il Cav. Avv. Francesco Agazzotti del Colombaro, Modena, Tipografia di Carlo Vincenzi, 1866. cfr. Montanari Gian Carlo, Malavasi Pignati Morano Luigi, Uve modenesi tra XVIII e XIX secolo, Modena, Edizioni Il Fiorino, 2018.
  23.  Viala P.,Vermorel V., Ampelographie, Paris, Masson e C., 1909.
  24.  Id. p. 131.
  25.  Agazzotti Francesco, Catalogo…cit.
  26.  Id. pp. 163-164.
  27.  Id. p. 164.
  28.  Viala P., Vermorel V., Ampelographie, tome IV, Paris, Masson e C., 1903.
  29.  Id. p. 315.
  30.  Id. pp. 315-319.