Nel 1788 il piacentino Bramieri descrisse l’uva violacea (o come precisò l’autore stesso “(…) dette comunemente in Lombardia nere, in Toscana rosse“[1] berbesino: “Berbesino, di acino tondetto ed assai minuto, grappolo lungo e singolarmente acuminato, di colore violetto sbiadito e farinaceo, Il vitigno è mezzano attissimo al filare, ed appetisce le terre mediocri e sciolte, ed il luogo solatio, Dà metodicamente una mezzana copia di frutto, Eccellente è il suo vino, e starebbe a fronte del pignuolo, se non gli mancasse la fragranza di viole, Ma perché tal vino manca di colore poco si cura questa specie, sebben ottima di vitigno, mentre non avrebbe mai malgrado la sua singolare bontà, vantaggioso smercio cò Tavernieri”[2].
Nel 1592, il pavese Petro Paulo Simoneta[3] menzionava l’uva barbesino[4]. Rovasenda[5], nel 1877, citava il barbesino, considerandolo identico al grignolino.
Nel 1909, Viala nella sua Ampélographie[6], citava alcune varietà di uva con acini neri o bianchi chiamate barbesino: “Barbesino (Grignolino); Barbesino bianco – Cépage italien confondu parfois avec le Grignolin, dont il est bien diffèrent; feuilles quinquelobés, peu duveteuuses à la face inférieure, grappes sous – moyennes, à gains petits, obovoides, d’un jaune grisatre; Barbesino di Casteggio (Nebbiolo); Barbesino nero (Grignolino)“[7].
Note
- Atti della Società Patriotica (sic) di Milano volume III, Milano, 1793, p.134.
- Id. p, 136-137.
- Simoneta Petro Paulo, Breve compendium totius medicinae, Ticini, Ex Officina Heredim Hieronymi Bartoli, 1592.
- Id. p. 392.
- Rovasenda Giuseppe, Saggio di una ampelografia universale, Torino, 1877, Tipografia Subalpina di Stefano Marino.
- Viala, P., Vermorel, V., Ampélographie, Paris, 1909, Masson et C.
- Id. p. 39.